Nasdaq oltre 10.000, il caso Zoom

11 Giugno 2020 di Indiscreto

Il Nasdaq a 10.020 punti, sul cui grafico poco fa abbiamo fatto ragionamenti degni dell’idolo Massimo Ruggero, è qualcosa di clamoroso perché si tratta di uno dei pochi grandi indici finanziari del mondo a trovarsi ad un livello superiore rispetto ai suoi valori di inizio 2020. E manca poco perché sia esattamente il doppio rispetto all’inizio del millennio, ai tempi della bolla, del popolo di Giacomelli-Freedomland e di tutto il resto. Perché?

I fanatici delle connessioni fra Borsa ed economia reale potrebbero dire che mesi di gente tappata in casa a comprare su Amazon e fare riunioni su Zoom abbiano accelerato un processo già in corso, figurarsi quindi quando in maniera strutturale tutti gli impiegati del mondo occidentale lavoreranno da casa (E le megatorri delle archistar che fine faranno?). Ma è probabile che questo boom dei titoli tecnologici, non di tutti ma di quelli sufficienti a trainare l’indice, sia figlio anche dell’enorme liquidità in cerca di impiego. Cos’è che sembra avere più futuro della tecnologia, in un mondo indecifrabile?

Ci ha colpito il caso proprio di Zoom, ormai un must anche in molte lezioni a distanza, che ha una price-earnings ratio (il rapporto fra il prezzo di un’azione e l’utile) di 1.300, non è un errore di battitura, quando quella di Amazon è 126, quella di Apple 27 e quella dello S&P 500 del 22,87%. Per fare un esempio caro al cassettista italiano, quella di Generali è 8,66: in altre parole, in un mondo statico (quindi irreale) ci vorrebbero 8,66 anni di attività delle Generali per ottenere utili totali pari alla quotazione attuale. Va da sé che il PE del passato serve per i nostri grafici e quello del futuro è basato su congetture, ma su qualcosa bisogna pur ragionare. Di sicuro il recupero del Nasdaq Composite (Massimo direbbe V-Bottom) è qualcosa di clamoroso, ma visto in una prospettiva di 20 anni, non di 200, ha una sua razionalità.

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