Il primo Ligabue

13 Maggio 2020 di Paolo Morati

In questi giorni Ligabue ha festeggiato, con tanto di barba, i 30 anni del suo primo, omonimo, album che all’epoca registrò un certo successo commerciale, lontano però da quello dei nomi italiani che alla fine dell’anno furono i dominatori delle classifiche: da Eros Ramazzotti a Lucio Dalla passando per Marco Masini, Luca Carboni e Vasco Rossi. Eppure quel disco, fatto di 11 tracce per 41 minuti di musica, lasciò un segno forte nella memoria, a cominciare dal primo singolo Balliamo sul mondo. E questo anche in chi, come chi scrive, non può dichiararsi certo un vero fan del “Liga”.

Ecco, riascoltandolo oggi ci rendiamo conto di conoscere praticamente tutte le canzoni che conteneva, molto più di quelle degli album successivi, essendo patiti allora come oggi delle opere prime che spesso sono (o forse erano) l’impronta digitale di un artista. Lavori spontanei, essenziali, con dentro le cose messe vie nei cassetti per tirarle fuori al momento giusto per cercare di uscire dalle retrovie. Magari un po’ ruvide ma, si spera, più spontanee e meno calcolate.

E allora ancora avanti con Bambolina Barracuda, Piccola stella senza cielo, Marlon Brando è sempre lui, il futuro inno Non è tempo per noi, la nostra favorita Bar Mario, Sogni di rock ‘n’ roll, Radio Radianti, Freddo cane in questa palude, Angelo della nebbia, Figlio d’un cane… Storie scritte da Ligabue prima di essere star, ma già trentenne e con una lunga gavetta alle spalle in un’epoca in cui i talent show non esistevano. Trentenne che però  vinse il premio Disco Verde al Festivalbar proprio con Balliamo sul mondo, e forte di un album realizzato anche grazie a Pierangelo Bertoli, che aveva già inciso un paio di suoi brani inclusi proprio in questo lavoro.

Sentirlo dopo tanto tempo ci ha fatto piacere, se non altro nel ricordarci i nostri 19 anni e le curiosità dell’epoca, il tutto mentre un paio di anni prima si promuoveva come “futuro del rock italiano” l’ancora oggi bravissimo Massimo Priviero. Invece a riempire gli stadi ci è poi finito Ligabue, con la sua voce che urla contro il cielo e le sue canzoni per certe notti, magari sì un po’ rock e pur tuttavia anche molto pop. Il che non è, per noi, certo un demerito.

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