Che amor di caffé, siamo tutti Crudeli

14 Maggio 2020 di Indiscreto

Alcuni giornalisti hanno storto il naso dopo aver visto la pubblicità, secondo noi davvero molto divertente, che Tiziano Crudeli ha fatto per le capsule Amor di caffè. Funziona così: i giornalisti in teoria non potrebbero fare pubblicità, ma qualcuno se ne ricorda a corrente alternata e solo per prodotti commerciali, mai per le più insidiose marchette, commerciali o politiche che siano. È più etico moderare un convegno del partito X per chi scrive di politica o pubblicizzare un caffé per uno che parla di calcio?

Rimanendo in ambito sportivo, come giudicare giornalisti sportivi che presentano i raduni delle squadre di cui poi si occupano professionalmente? O, in maniera più subdola, sono coinvolti da aziende terze di proprietà del presidente della tal squadra? Ma sono discorsi vecchi, perché la crisi dei giornali e l’assenza di pubblicità del web (il teorico futuro) ha portato alla nascita obbligata del giornalista-imprenditore, che è un conflitto di interessi vivente ma che deve fare marchette (i più onesti cercano di farle in campi di cui non scrivono, ma è spesso difficile: perché una banca dovrebbe regalare una marchetta a me che scrivo di musica?) a meno di non essere ricco di famiglia.

Siamo insomma tutti Crudeli, chi in maniera dichiarata (i banner di Indiscreto sono tutti a pagamento, così come buona parte dei link all’interno dei post: poi davvero scriviamo quello che ci pare, anche in negativo, ma di temi che pensiamo possano attirare pubblicità) e chi in maniera più furba. Inutile citare sempre il New York Times se non si è il New York Times: la massa dei giornalisti deve arrangiarsi e chi riesce a farlo con le capsule di caffé ha la nostra ammirazione, mentre giudichiamo con più severità chi scrive di un’azienda con il preciso programma di diventarne addetto stampa o di un partito per farsi candidare (mille esempi da destra a sinistra).

Viva Crudeli, grande appassionato di tennis (è stato per anni l’anima del Bonfiglio) e per sempre nella leggenda per tante trasmissioni televisive, ma anche per due domande: una a Bogarde fuori dai Supermercati Brianzoli (“Winston, sempre più stretti i rapporti fra calcio e grande distribuzione…”) e una a Lippi dopo una vittoria della Juventus a San Siro sul Milan, 6-1 (“Mister Lippi, Juve brava e cinica: 6 tiri e 6 gol…”) che non riscossero le simpatie degli intervistati. C’è più giornalismo in lui che in tanti fenomeni della moderazione e del saperci fare.

Share this article