Tristezza dei ristoranti a metà prezzo

1 Aprile 2020 di Dominique Antognoni

Al ristorante pagando la metà del prezzo solito? Non ci sembra che oggi in Italia questo dibattito sia centrale, ma non bisogna dimenticare le centinaia di migliaia di persone che in Italia lavorano nella ristorazione e che dal coronavirus, con relativi blocchi, hanno avuto danni che dureranno per molto tempo. Molti perderanno il lavoro, per dirla in breve. Molti altri dovranno ridimensionarsi e non soltanto per il distanziamento che costringerà ad avere meno coperti.

Comunque negli ultimi giorni fra gli chef e i ristoratori dei locali di fascia alta è nata una discussione quasi surreale: voucher a metà prezzo sì o voucher a metà prezzo no? Purtroppo qualcuno ha già iniziato a mandare proposte ai clienti nella sua mailing list. Per me la risposta è no, anche se per trarvi in inganno e per farla sembrare una roba di livello alto qualcuno chiamerà bond, oppure Commercial dining cheque, questi voucher.

Il cui meccanismo è semplice: pagare ora (con una significativa riduzione del prezzo) e consumare entro la fine dell’anno. Il vantaggio del ristoratore è quello di incassare qualcosa in un periodo drammatico, in cui comunque gli stipendi devono essere pagati. Il vantaggio del cliente è quello di spendere la metà, anche in posti pluristellati. I motivi del nostro no sono tanti e chi ci segue sul nostro sito può già intuirli senza leggere le prossime righe.

Il primo. Se andate da Louis Vuitton non vi regalano una borsa dopo ogni borsa acquistata, e nemmeno avete il diritto ad un portafogli in omaggio. Questa promozione da supermercato sminuisce e addirittura svilisce un prodotto, a meno che non sia un formaggetto o un detersivo. Certo, si ha la possibilità di fare cassa subito e oggi la liquidità immediata vale oro. Ma a quale costo, in prospettiva? 

Il secondo motivo è legato alla percezione della clientela. Tradotto: se ora mi fai pagare 100 quello che prima costava 200 vuol dire che tu ci guadagni anche facendomi pagare 100, ovvero prima mi fregavi il resto dei 100. È una bella immagine quella che si dà? Sicuramente no. Siccome la gran parte dei ristoranti di livello si basa (anche) sull’immagine e sulla reputazione, diciamo che si rischia grosso. Qualcuno dirà che in tempo di guerra si bada meno alle sottigliezze, ma queste per i locali di lusso (e nemmeno per le pizzerie, a dire il vero) non sono sottigliezze.

Terzo motivo. Solitamente chi può spendere 100 euro per una cena ne trova anche 200. A quei livelli, superata la barriera dei 50 euro a testa (facciamo 70) diventa meno una questione di prezzo e più di voglia di andare in quel determinato posto. Il prezzo è quindi quasi ininfluente, per cui le persone con una buona disponibilità economica preferiranno aspettare e prenotare quando tutto sarà aperto.

Quarto motivo. E se quel ristorante non aprisse più, o se chiudesse entro la fine dell’anno? Ovviamente speriamo vada tutto bene, però mettiamo il caso: cosa succede? Vieni rimborsato? Siamo sicuri? No. Qualcuno propone delle garanzie di rimborso: sì, campa cavallo.

In tutto questo sguazzeranno i molti giornalisti enogastronomici che di sicuro sposeranno in pieno la faccenda, perché Commercial dining cheque suona bene, fa sentire tanto emancipati e preparati. Tanto il prezzo del loro voucher è sempre zero.

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