A chi conviene la burocrazia?

25 Aprile 2020 di Indiscreto

Fra i discorsi del genere ‘Signora mia, che tempi’, mentre siamo in coda alla posta o in qualche ufficio comunale per un ricorso, quello sulla burocrazia non perde mai di attualità. Il dizionario Treccani definisce burocrazia “l’insieme di apparati e di persone al quale è affidata, a diversi livelli, l’amministrazione di uno Stato o anche di enti non statali”.

Letto così non sembra qualcosa di negativo, eppure in Italia (ma non solo) la burocrazia viene talvolta vista come l’ostacolo principale a uno sviluppo sereno del Paese. Un tema che in piena crisi Covid-19 sta venendo fuori in tutta la sua drammaticità, laddove in altri Paesi i soldi stanziati arrivano rapidamente, e direttamente, ai destinatari che ne hanno fatto richiesta mentre da noi la documentazione da presentare, unita all’intermediazione, bancaria diventa un freno.

Un freno tra i tanti presenti nelle tante (troppe?) regole e leggi italiane, che da noi rispetto ad altri paesi ha però una peculiarità: gran parte degli impieghi pubblici è socialmente disprezzata, anche se ricercata da chi è disoccupato, e non c’è bisogno di andare oltre Francia e Svizzera per notare le differenze. Allora come mai non riusciamo a cambiare un settore che non funziona e in cui non crede nemmeno chi ci lavora?

Ora, detto che nessuno vorrebbe l’anarchia totale e che ci vuole chi amministra, la domanda a cui nessuno pare trovare risposta è “a chi conviene la burocrazia?” intesa come norme, articoli, codicilli, pareri, ricorsi, nonché relative persone (a ogni livello, ed infatti il trucco è questo: c’è sempre un livello inferiore o superiore a cui scaricare) che se ne occupano e scrivono chilometri di parole, e che alla fine creano anche loro un indotto? Insomma, se ci fosse meno burocrazia chi ci perderebbe e chi ci guadagnerebbe e perché in Italia è così forte e presente rispetto ad altri paesi?

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