Ventotto volte Pretty Woman

5 Marzo 2020 di Stefano Olivari

Pretty Woman ha vinto la prima serata di ieri con il 15,7% di share e 3,8 milioni di spettatori di media, davanti a trasmissioni con un pubblico fidelizzato come Chi vuole essere milionario?, Chi l’ha visto? e Italia’s Got Talent e tutti gli altri primi nove tasti del telecomando dell’italiano vero, con L’Assedio della Bignardi all’ultimo posto con l’1,1%. Cosa c’è di strano, direbbe un marziano, se un film trasmesso da Rai 1 ottiene buoni ascolti? Di strano c’è che Pretty Woman era al ventottesimo passaggio televisivo.

E complice l’assenza della Coppa Italia l’abbiamo rivisto anche noi per la decima volta (la prima fu al Maestoso di Corso Lodi, cinema oggi scomparso) o giù di lì Richard Gere e Julia Roberts, emozionandoci nei punti che tutti conoscono bene e le donne addirittura a memoria, con decine di frasi di culto (“Vorrei più deferenza” la nostra preferita) e un meccanismo narrativo perfetto, che non si può spiegare con ingredienti che hanno migliaia di altri film: la favola di Cenerentola, due protagonisti al massimo del loro splendore, ambienti di ricchi, il lieto fine (qui pensiamo davvero di non spoilerare), la colonna sonora super. A volte, poi, la magia si crea per caso visto che Garry Marshall per il ruolo poi andato a Gere aveva in mente Al Pacino e che per la parte della Roberts ricevette rifiuti da Michelle Pfeiffer, Meg Ryan e anche Molly Ringwald, attrice fondamentale dei nostri anni Ottanta.

Ma in definitiva come mai Pretty Woman, da vedere rigorosamente ‘in diretta’, senza bloccare le immagini, è diventato, fra i pochi film con l’onore di tante repliche (di fatto una all’anno, essendo del 1990) sulla televisione generalista, quello con i migliori risultati di ascolto? E questo nonostante a prima vista sia un film per sole donne (o donne sole). La nostra risposta, senza la pretesa di essere quella giusta, è che agli ingredienti citati per un film di successo Pretty Woman somma il suo essere atemporale, non datato. Nel senso che potrebbe essere ambientato senza cambiare una battuta (al massimo il mega-telefono portatile) nel 1960 o nel 2020. Lo guarderemo anche l’anno prossimo, nella peggiore delle ipotesi un ripasso durante Juventus-Milan.

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