L’autolicenziamento di Boban e Maldini

2 Marzo 2020 di Vincenzo Matrone

Zvonimir Boban cerca di farsi cacciare da un Milan in cui non crede più. L’intervista di sabato, fatta da Alessandra Bocci per la Gazzetta, è quasi l’ufficializzazione di questo progetto. A meno che Elliott abbia preso con simpatia una richiesta di appuntamento a mezzo stampa… Quanto a Paolo Maldini, la sua collocazione 2020-2021 l’ha stabilita dicendo che Rangnick, contattato da Gazidis e già diventato il Wenger del futuro (nemmeno tanto, visto che ha quasi 62 anni), non è da Milan.

Due correnti, lo stesso destino. Sembra un titolo di un film, invece è la storia di queste icone rossonere diventate dirigenti del Milan e tuttora amate, nonostante gli errori commessi da dietro la scrivania. Pensiamo che in ogni caso la proprietà rossonera avesse già deciso da tempo di non servirsi più delle consulenze e soprattutto dei volti di Boban e Maldini, quindi la cronaca di un licenziamento annunciato è quasi superflua. Saranno giusto interessanti i modi.

Chissà se quando i due ex campioni hanno firmato un contratto a cifre XXXL si sono chiesti il perché di tanti soldi per due dirigenti neofiti. Chissà se si sono chiesti come mai la proprietà paga un presidente, Scaroni, che non è un passacarte ma un supermanager, solo per firmare documenti. La risposta è facile: servivano parafulmini, nei confronti di tifosi che già erano stati presi in giro dalla ‘proprietà’ cinese, da alcuni media che l’avevano raccontata e dal troppo lungo (iniziato nel 2012…) addio di Berlusconi-Galliani.

Con il budget a disposizione né Boban né Maldini si sono distinti, al netto di buone intuizioni (Theo Hernandez, Rebic), cantonate (Giampaolo, da imputare a Maldini), mosse di immagine (Ibrahimovic, opera di Boban) e operazioni di mercato discutibili come la vendita di Piatek. Quanto a Gazidis, rimarrà fino a quando rimarrà Elliott: nessuno sa quanto, anche se loro per primi sperano pochi mesi.

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