Smart working o lavoro in ufficio?

27 Febbraio 2020 di Indiscreto

Cos’è lo smart working? Se ne è sentito parlare tanto in questi giorni di follia da coronavirus, in cui sognamo squadroni della morte che ammazzino tutte le persone in giro con la mascherina. Smart working significa, per parlare in italiano, lavorare o poter lavorare da casa senza recarsi in un posto di lavoro fisico. Non è una cosa da fighetti, perché quasi il 60% delle aziende italiane prevede forme di smart working, articolate per orari o per obbiettivi.

Smart working non significa lavorare sempre da casa, dal bar o da dove si vuole, ma poterlo fare in misura almeno parziale. Insomma, per chi è dipendente a tempo determinato o inteterminato è flessibilità. Per tutti gli altri, viene da dire per tutti noi altri, è invece precarietà anche se spesso è una precarietà positiva: meglio relazionarsi con più clienti e committenti che con una gerarchia di capi e capetti, per quanto ci riguarda. Ma sono scelte personali.

Chi ha provato entrambe le cose può facilmente elencare i problemi del lavorare da casa (la difficoltà nel darsi regole, il disturbo dato dai familiari, l’ossessione per il tempo) e quelli del recarsi in un ufficio (la vicinanza di colleghi antipatici o comunque imposti, le ore perse nel traffico, l’impossibilità di gestire un imprevisto di natura privata), quindi almeno in questo caso non ci sono il bene e il male ma solo un ‘Di qua o di là’ personalissimo. Premesso che si va verso soluzioni intermedie, dovendo scegliere al 100% preferireste lavorare da casa o fuori casa? Chiaramente un muratore o un medico non hanno scelta, ma un giornalista e un impiegato spesso sì. Smart working o lavoro tradizionale?

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