Lavoro da casa in Italia

17 Febbraio 2020 di Indiscreto

Lavoro da casa: in Italia è sempre più un’opportunità, una scelta, un obbligo o un misto di queste tre cose. Sta di fatto che il 71% di chi lavora nel nostro Paese, secondo il Randstad Workmonitor, gestisce telefonate e messaggi di lavoro anche al di fuori dell’orario previsto. Da sottolineare che in questo tipo di classifica siamo al quarto posto in Europa, dietro a Romania, Ungheria e Portogallo.

Detto che si può lavorare fuori orario soltanto dove un orario chiaro esiste, quindi la classifica di Randstad andrebbe asteriscata, questa flessibilità-schiavitù italiana stupisce gli anti-italiani di default ma non chi sia stato anche solo per pochi mesi in un contesto lavorativo anglosassone o del Nord Europa, da dipendente. La propensione a far cadere la metaforica penna allo scadere dell’orario è infatti, per la nostra modesta esperienza, nettamente superiore a quella di una ASL campana. Poi la produttività è un’altra cosa, ma qui si sta parlando di tempo.

L’Italia esce alla grande anche da un’altra classifica Randstad, quella sulle questioni personali sbrigate durante l’orario di ufficio. Siamo nettamente sotto la media europea, nonostante la percezione comune e un gusto particolare nel parlare male di noi stessi.

In conclusione questa inchiesta, condotta non da un giornalista svogliato ma da una multinazionale che è fra le prime agenzie del mondo per la ricerca di lavoro, non dice molto sulle grandi trasformazioni dell’economia (non si sta parlando di telelavoro né di precariato) ma dice qualcosa su un atteggiamento condiviso da gran parte della popolazione. Non saremo motivati come i cinesi (l’89% lavora fuori orario) e gli indiani (88), ma la nostra propensione al lavoro, o meglio al tempo da dedicare al lavoro, è superiore a quella dei paesi presunti calvinisti.

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