Jabbar a Milano

7 Febbraio 2020 di Stefano Olivari

Kareem Abdul-Jabbar ci legge. Non è proprio così, ma ci piace crederlo. I più attenti fra gli acquirenti della Gazzetta dello Sport avranno ieri notato che a corredo dell’intervista fatta da Davide Chinellato all’ex stella di Power Memorial, UCLA e Lakers compariva una foto in cui Jabbar sfoglia il libro scritto da noi nel 2009 insieme a Giorgio Specchia, L’Altra Milano – Dall’oratorio a Jura, la generazione della pallacanestro.

Ovviamente glielo hanno messo in mano, non è che lo abbia cercato in libreria, ma si è fatto tradurre il capitolo che lo riguardava e che è legato a un periodo da lui molto amato: il suo primo viaggio al di fuori degli Stati Uniti, nel 1967, quando ancora si chiamava Lew Alcindor. Riproponiamo quindi a oltre dieci anni di distanza un brano del libro che ci scalda particolarmente il cuore. Come del resto alcuni degli altri nomi citati: Percudani, Isaac, Zanatta, Bradley

Fra le mille leggende metropolitane del basket milanese ce n’è anche qualcuna vera. Il ventenne Lew Alcindor, non ancora Jabbar, che si allena con i giocatori dell’All’Onestà in pieno agosto 1967. L’invito arriva da Dick Percudani, allenatore della squadra milanese ed assistant coach a Power Memorial Academy quando ci ha giocato Alcindor. Il 6 agosto la stella di UCLA sbarca alla Malpensa, accompagnata da Joe Isaac (altro ex Power Memorial). Percudani e i Milanaccio lo presentano in pompa magna presso l’hotel Principe di Savoia. Lui legge un messaggio di ringraziamento in italiano e risponde alle domande della stampa. Gli Harlem Globetrotters hanno offerto un milione di dollari per lasciare John Wooden con due anni di anticipo, lui su questo punto è netto: ‘’Non gioco per denaro, ma solo per la libertà della mia razza’’. Per la libertà i Milanaccio possono fare poco, ma con il denaro non scherzano: Alcindor viene trattato a livello di un re. Ma non si dimentica il basket e ogni giorno va ad allenarsi alla palestra della Social Osa di via Copernico, insieme a Gatti, Zanatta, De Rossi e a qualche ragazzo da ‘provinare’. Città deserta, caldo allucinante, poche decine di curiosi e poche foto a testimonianza di quella vacanza-clinic. Con voci incontrollate, come quella che Alcindor potrebbe essere per la Pallacanestro Milano lo straniero di coppa sul modello di quello che è stato Bill Bradley per il Simmenthal. Sogni di una settimana di mezza estate. Dopo qualche giorno in Svizzera Alcindor torna a Milano e il 19 agosto saluta tutti per andare a vincere tutto.

Curiosamente molti anni dopo ci saremmo trovati, insieme a Specchia, a casa del presidente dell’All’Onestà che sognò di ingaggiare uno dei più grandi di sempre, pare offrendo più soldi della semiclandestina (in rapporto a quella di oggi) NBA. Serviti da un cameriere nero in giacca bianca (a proposito di libertà della razza), come avevamo visto solo in Via col Vento, provammo a fargli ricordare episodi di quei tempi ed in particolare questo del quasi ingaggio di Alcindor-non ancora Jabbar, ma memore dei tanti soldi spesi per vincere niente Milanaccio ci congedò sbrigativamente, come se avessimo riaperto una ferita. Noi due però nel 1967 eravamo appena nati ed eravamo senz’altro meno colpevoli di direttori sportivi, intermediari e giocatori da lui sopravvalutati.

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