Intesa San Paolo e UBI Banca, grosso è bello

18 Febbraio 2020 di Indiscreto

Intesa San Paolo vuole comprare Ubi Banca. E nella scorsa notte ha lanciato un’offerta pubblica di scambio (OPS) sulla totalità delle azioni appunto di Ubi Banca, con cui Intesa ha offerto 17 azioni della nuova entità per ogni 10 azioni di Ubi. In estrema sintesi Intesa San Paolo ha offerto il 16% in più rispetto al prezzo di chiusura di ieri. E mentre stiamo scrivendo queste righe il mercato ha fatto schizzare su di circa il 22% le azioni di Ubi Banca, che valgono ora 4,29 euro l’una.

Fin qui il copia incolla della realtà, adesso arriva l’opinione da bar per rispondere all’unica domanda che ci interessa: per noi microscopici azionisti di Intesa, per non dire noi italiani, questa mega operazione è un bene o un male? Diciamo subito che le nostre azioni Intesa oggi sono salite dell’1,81% e questo non era scontato visto che in casi simili di solito si apprezza l’oggetto dell’acquisto e si deprezza il soggetto.

Magari quelli che ne sanno, quelli che si emozionano sentendo l’espressione ‘risiko bancario’, hanno apprezzato le vaghissime sinergie di cui si parla sempre, con il lavoro sporco che è stato già fatto da Ubi stessa lunedì, quando ancora noi follower non sapevamo niente, annunciando la chiusura di 175 filiali e 2.030 dipendenti in meno, con vari strumenti.

Nell’operazione sono poi coinvolte Bper e i compagni di Unipolsai, che acquisteranno rami d’azienda, ma la cosa dovrebbe interessare più o meno tutti quelli che hanno azioni di banche, visto che l’azienda che nascerà (forse) dall’unione fra la prima e la terza banca italiana per capitalizzazione scatenerà reazioni e aggregazioni su altri fronti.

Qui dal bar, sfogliando la Gazzetta sul bancone della Sammontana, ci chiediamo perché nel mondo smaterializzato e disintermediato di oggi l’aggregazione fra banche dovrebbe portare a risparmi ed economie di scala, visto che il principale problema rimane dal lato degli impieghi. In altre parole, in un mondo di tassi bassi o sottozero le banche non sanno dove mettere i soldi e non è che con l’1,45% dei mutui possano mantenere tutta la struttura, nemmeno dopo migliaia di licenziamenti: meglio scommettere su Ajax-Den Haag.

In conclusione, quella portata avanti da Carlo Messina ci sembra un’operazione politica ma non per questo negativa: per l’Italia meglio Intesa più Ubi che Ubi da sola e comprata da un fondo qatariota adesso che diventa bella leggera. Come azionisti boh, non sappiamo, non abbiamo la libidine di essere la settima banca dell’area euro e non vediamo tutte queste sinergie. Grosso è bello, ma per chi ha in mano il pallino del gioco. Noi contributori netti dell’INPS, che puntiamo ad autopagarci una parte della pensione per non finire a piangere in un programma di Floris, invece tremiamo.

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