Pagelle per i vincitori

10 Gennaio 2020 di Oscar Eleni

Oscar Eleni scivolando sulla farina glaciale del lago cileno del Toro. Esilio volontario in una delle tante settimane nere che ti fanno vivere nel paese dei troppi campanelli, sempre in allarme per quello che fa il vicino, mai per le flatulenze di famiglia.

Sembrava una settimana nera, una delle tante, con le beghe del calcio notturno per compiacere la solita cassa televisiva che si vanta di avere ascolti superbi anche a spalti vuoti, con le solite beghe di palazzo, al governo, nelle regioni, nei comuni: la colpa è sempre degli altri. Sembrava nera anche per il basket alla scoperta di mondi dove regalano poco e ti dicono se le tue pretese di avere più spazio sono giuste.

Era cominciata male pure con lo sci a Campiglio, si stava rosolando al sole nella speranza che almeno quelli dell’atletica al lavoro in posti caldi portassero buone notizie, ma poi ci si è messa di mezzo l’Europa che non ti lascia sfuggire come i principi inglesi e non ti dà ristoro in Canada.

Certo aveva iniziato bene Brescia, ma poi sono state legnate, fino a quando non è apparso all’orizzonte il naviglio del prode Ettorre per un compleanno finalmente ben fatto della nuova Olimpia che compie 84 anni, metà dei quali passata a vincere se i trofei sono più di 42. Rotazioni finalmente ridotte, al grido ‘Via via fuori dalle balle’ che una volta echeggiava nelle caldissime arene lombarde quando le braci delle sigarette facevano perdere meno palloni di quelli che oggi gli stressati super ricchi regalano in quantità industriale.

Sullo stretto di Messina il naviglio Armani ha speronato Pitino e il Panathinaikos, pirati che avevano fatto piangere il CSKA nella città di Kant, trovando adesso una sistemazione migliore nella classifica di eurolega, un serpente a sonagli che è bene temere, soprattutto per la Milano da viaggio che andrà due volte in Turchia e a Tel Aviv, soprattutto adesso che il Fenerbahce sembra aver ritrovato almeno la voglia di vincere.

Bravo Messina, bravissimi i giannizzeri che stavano soltanto di guardia al bidone: prima Moraschini, poi Biligha, alla faccia dei demolitori professionisti che stanno su troni di cartapesta come certi giornaletti da dozzina che sfogano il cagnesco dentro di loro, al livello che si aspettava Sykes, prima di pensare che i gufi avessero rubato il coraggio al ragazzo di Chicago che con Avellino aveva fatto strage al Forum l’anno scorso.

Meno male. Eravamo turbati non tanto dalle cadute di Sassari, Trento, Brindisi, della solita Venezia, ma dallo schiaffone preso dalla Virtus davanti ai 16 mila di Belgrado nella sala Nikolic. La nostra bella gioia. Capoclassifica, la novità che stuzzica, più o meno come il testa a testa fra Juventus e Inter, anche se poi a Roma potrebbero pensare di far cadere le favorite in una delle loro amatissime buche con immondizia.

Bravo il Custer Trinchieri che ha saputo spolverare con oro le mani dei tiratori, bravissimo ad organizzare la grande trappola difensiva dove è caduto persino il divino Teodosic. Certo per Sasha Djordjevic una sconfitta dolorosa scoprendo, ancora una volta, che i giocatori non ti aiutano quasi mai se chiedi a loro di farti fare bella figura perché ci tieni davvero. Ehi dai, ragazzi, qui ci sono nato, avete sentito l’ovazione, non mollatemi. Niente, crudeli e perfidi, un po’come il Danilo Gallinari che solitamente davanti a D’Antoni, il compagno nell’età dell’oro del padre Vittorio, fa dei partitoni. Succede, meglio saperlo, così andare a cercare  qualche nuovo giocatore non offenderà nessuno.

Torniamo a Milano e  a quelli che ci sparano col sale pensando che parliamo di Armani soltanto quando perde. Pensare che negli anni della professione, fortunatamente diversificata dal basket, quando a guidare era un genio come Gualtiero Zanetti, mi hanno tormentato per anni con questa storia della maglietta Olimpia sotto la camicia. Lo fanno ancora oggi in tanti, da Recalcati a Sacchetti, ancora adesso che lavoro benissimo lontano da tutto e quindi fuori dalla corte. Pazienza. L’Olimpia è qualcosa di speciale se nasci nella sua città, se la vivi, se la studi. Tormento ed estasi. Lo sarà per sempre, ma è altrettanto vero che devi rispettare tutti quelli che fanno cose belle e in questo povero basket, anche se sono rimasti pochi, ce ne sono.

Pagelle per il dopo Panathinaikos aspettando il mezzogiorno al Palalido contro la Treviso che meriterebbe, come squadra, società, allenatore, di avere un paio di giocatori in più. Nella notte oscura di Calathes, arginando il Mitroglou che aveva dominato a Kaliningrad contro il CSKA Mosca, l’Armani ha  cercato la resurrezione dopo lo schiaffo contro Cantù anche se Fredette faceva strage.

MICOV 6.5: un gattone che sa  quando deve fare il professore.

BILIGHA 7: ci ha smentito, è uno che può davvero fare tanto, alla faccia di chi lo prendeva in giro.

GUDAITIS 6: ci mette tanto a rimettersi in condizione, non ne senti il peso e la cattiveria, però ha talento.

ROLL 6.5: fa cose importanti, fa cose anonime, difficile capire quando, ma coi greci è andata bene.

RODRIGUEZ 7.5: uomo da flamenqueria, la gente balla con lui, certo le due palle perse all’inizio avevano dato il brivido, ma poi ha  ritrovato la muleta.

TARCZEWSKI 6: servono i suoi muscoli, servirebbe la sua capacità di leggere bene le situazioni in difesa e in attacco.

SYKES 7: non sempre lucido, troppo frenetico, ma quando ha visto il mare gli è tornata la voglia di essere il folletto che aveva fatto sognare Avellino in bancarotta.

BROOKS 6: era l’uomo per tutte le stagioni difficili di una partita, adesso sembra soltanto uno che fa il suo dovere.

MORASCHINI 7.5: finalmente sembra aver capito dove è arrivato. C’è chi si ostina a giudicarlo con il metro dei giovani, ma ha appena compiuto 29 anni.

SCOLA 5.5: nel freddo rende meno, lo capiamo, resta il totem intorno al quale costruire attacchi, certo avrebbe bisogno di  sostegni forti in difesa.

MESSINA 7.5: già il fatto di aver accorciato le rotazioni deve essergli costato tanto. Graffia ancora, sa trovare soluzioni, ma non crediamo possa accontentarsi soltanto dei complimenti di Rick Pitino.

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