Messina e i piangina

6 Gennaio 2020 di Oscar Eleni

Oscar Eleni sulla scopa delle streghe, dentro una nebulosa che nasconde troppe cose per non sentirsi come il caro Beppe Viola quando tornava infelice da una giornata alle corse: ero a casa bello rovinato. Stato d’animo di chi si alza per fare a botte con quelli del piccolo mondo cestistico, stanco di sentire pappagalli che riportano veleni, gli invidiosi che si rifugiano dietro la penna di altri.

Poi ci pensano Trump e i suoi sostenitori a farci capire che una bomba può scoppiare nel mondo. Basta una gita in cronaca per scoprire il coretto lagunare sui forni per Anna Frank, l’oste che mette in tavola le facce del suo duce, il fuoco in Australia che annuncia il fuoco che ci sarà qui fra non molto, gli ubriachi che travolgono i passanti, il peggio dell’esistenza aspettando con ansia l’arte di Sorrentino e la sua storia per papi che strattonano anime fintamente candide.

Ridicolo mettersi a baruffare nel piccolo mondo antico del basket litigioso, con società che sono già alla canna del  gas, altra gente a casa bella rovinata, inutile far notare che non bastano telefonate di auguri per far diventare gente simpatica e di buon cuore la stessa che  preferisce Trump ad Obama, il mondo dei muri che restano  belli alti per separare i pochi ricchi, anche quelli storici, dalla povera gente.

Invidiando gli sport dove lavorano bene sul serio, prima il nuoto, adesso lo sci che, dopo Paris e il trio Goggia-Bassino-Brignone, trova nel ventenne Vinatzer il sorriso perduto dentro il regno che fu di Thoeni, Gros, della Valanga cotelliana, di Tomba. Ci sarebbe da discutere con quelli che sanno “cosa vogliono i lettori” perché dubitiamo ancora che abbiano davvero capito, se usano venti pagine per stare dietro ad Ibrahimovic e al mercato senza fine, un po’ come questo mese di saldi dove la gente fa a pugni per avere la merce scontata che prima di Natale avrebbero pagato il doppio.

Ma per fortuna sono gli stessi giorni dove la gente si mette in coda per entrare nei musei. Due Paesi differenti, quello che consuma e striscia davanti ai ricchi, beve tutto, quell’altro che, ad esempio, nel calcio, non si genuflette se la riccanza domina il gioco, ma applaude, ad esempio, uno come Juric che col Verona sta facendo davvero cose strepitose. Le faceva anche a Genova, ma poi la storiella che è meglio cacciare uno bravo che quindici piagnoni gli ha fatto perdere il posto.

Anche nel basket la curva degli invidiosi misura tutto sulla delusione, domandandosi perché faccia così pena un colosso da 35 milioni lasciando  da parte il livore  che questi milioni li farà arrivare a 50 perché Milano da anni paga profumatamente due allenatori, uno per guardare il mondo  seduto in poltrona, l’altro per dimostrare che prima c’era un asino al potere, anche se aveva vinto uno scudetto, certo la metà di quello che doveva.

La fine del girone d’andata nel campionato della gente dispari ci ha detto verità inaspettate: la più ovvia è che l’Armani sia davvero la grande delusione insieme ai campioni in carica di Venezia. Lo diciamo senza rimpianti per  gli anni passati, con la dolorosa impressione che ci fossero tanti soldi per mascherare troppi errori e molta incompetenza a livello sportivo.

Credevamo tutti, personalmente ne siamo ancora convinti pur vedendo la testardaggine nel difendere scelte supersbagliate, che Messina fosse l’uomo per ridare l’anima che era stata rubata ad una società dove i falsi attori vengono presto smascherati. Niente, la pallosità dei corifei pronti a vedere il marchio messiniano in ogni flatulenza ha impedito che anche il generale presidente capisse.

Ora lui stesso si autoaccusa. Giusto. Chiede alla squadra sfaldata se vuole cadere rovinosamente o se ha voglia di rialleggerire il pallone. Lui, intanto dovrebbe ammettere pubblicamente che nel regno del rigore e quindi del terrore per finti eroi, gente che sotto il vestito non ha niente, siamo arrivati al punto che la famosa difesa sembra calamita per  dare agli avversari la gloria di percentuali record: è accaduto con San Pietroburgo, è ricapitato contro una bellissima Cantù, sconosciuta persino a chi ci lavora dentro, escluso Pancotto, ovviamente.

Vero che nel funerale al Forum anche gli arbitri, alla fine, hanno preso lucciole per lanterne, robetta, il peggio si era visto nei primi 20 minuti dove la difesa aveva preso in faccia di tutto. Messina deve accompagnare alla porta Mack e White: che senso ha pagare così tanto uno che gioca come uno junior, cercando di farsi notare il meno possibile? Dovrà decidere di passare alla linea Djordjevic, il padrone vero di oggi, senza bearsi di avere quindici giocatori a servizio. Sugli italiani pensi bene e faccia come la principessa Sissi che liberò i suoi animali preferiti prima di lasciare la Baviera per l’impero. C’è gente incatenata da falsi amici, una parentela fastidiosa che non sa dire la verità. Occasioni avute tante, troppe. Risultati concreti pochissimi. Costruire oggi pensando che la stagione potrebbe anche essere come l’ultima dei piangina: senza tituli. I play off di eurolega sembrano difficilissimi da raggiungere.

La Coppa Italia di febbraio a Pesaro una bella salita per Messina, perché prima dovrà battere Cremona che lo ha già sconfitto in campionato, poi se la vedrà con la Virtus Bologna che, come dice Djordjevic, anche mentendo un po’ da scacchista di Kelemegdan, non è solo Teodosic che da solo avrebbe dovuto alzare l’audience televisiva di fine anno per il testa a testa con Milano.

I soliti sfascisti ci hanno riso sopra: share da mentecatti, neppure mezzo milione al video. Anche qui volevamo fare dell’ironia con il 10 in pagella alla Rai, ma come diceva il mio primo grande direttore Zanetti, se litighi con tutti come la tua cagnetta per strada, come pensi che capiranno la tua ironia? Il dieci era per chi ha sempre preferito il biliardo al basket, certo succede in TV e nei giornali, per chi ha fatto credere che la diretta non nascesse dal peso dei due padroni. Certo dovevamo far notare, come mi ha detto qualcuno, il fatto che per Virtus-Milano non c’era, ad esempio, il bordocampista che trovi anche in serie C calcistica, la sfumatura veloce sull’ultimo tiro. Verità, sofferenze che toccano tanti altri sport se in mezzo non ci sono settimane bianche, macchine lussuose da provare, corse foraggiate da comuni che lesinano sul pronto soccorso, ma non sulla visibilità che ti danno le dirette.

Abbiamo sbagliato spesso, sì, ci hanno rinfacciato anche il voto alto a Messina  che resta l’unico feroce nel giardino Armani dove deve esserci un’acqua speciale: la bevono e diventano  pecorelle smarrite, oppresse, cosa che non mostrano quando vanno a ritirare lo stipendio. Insomma Milano ai ceppi, nella sala torture del castello assalito per vedere le meraviglie vinciane e non certo per piangere sulla squadra di Messina o su quella del Pioli se Ibrahimovic dovesse scoprire che là davanti nessuno gli servirà un pallone decente

Ma lascia stare Milano e magari Venezia che davvero ci sta deludendo sul piano caratteriale più che tecnico, canta la gloria di chi sta facendo così bene. Giusto. Grande Esposito, bella Brescia. Stupendo Poz, meravigliosa Sassari, incredibile Sacchetti perché Cremona era davvero da salvezza sofferta. Che dire di Vitucci e Brindisi? Bravi davvero. Vogliamo parlare della Fortitudo di Antimo Martino. Li avete visti i loro campioni quando nelle ore difficili, alcuni leprotti fuggivano, ma lui, Antimo, è per il motto: combattere, combattere fino a quando gli agnelli non diventano leoni.

Per chiudere dalla nebulosa, prima delle pagelle senza ironia, vorremmo far notare anche al nostro amico Tanjevic che l’eurolega, in effetti, rispetta poco le leggi vere dello sport, ma nell’ultima giornata ha portato su sei dei nove campi oltre 10 mila spettatori. Bisogna tener conto anche di questo, pur combattendo il cinismo di chi pensa solo al business.

10 A Cesare PANCOTTO che ci ha ricordato una bella giornata al bar degli specchi triestino dove scriveva Joyce. La sua Cantù è andata oltre l’ostacolo. Meraviglioso Clark, ma quel Pecchia alla fine era la giusta nemesi per la Milano che i suoi talenti non li ha mai difesi, andando dietro ai tremebondi.

9 Alla coppia MANCINELLI-ARADORI perché bisogna essere davvero artisti e conoscere bene le debolezze del proprio mondo se dopo due partitacce si sono ripresi l’affetto della gente stritolando la Reggio Emilia che tradisce Buscaglia appena la partita si fa dura.

8 A Vincenzo ESPOSITO se ci rassicura su quella faccia quasi triste che aveva mentre rientrava in spogliatoio lasciando la sua Brescia rimontante sulla Venezia dei baicoli friabili, sola a festeggiare davanti al pubblico e alla Bragaglia in estasi.

7 A CREMONA e BRINDISI perché di tutte le partite nell’ultima giornata di andata è quella che ci ha intrigato di più e non siamo con Vanoli quando dice che si gioca spesso a rugby. Bravi i due allenatori, bravi quasi tutti gli attori, da Gaspardo a Ruzzier.

6 Al TEODOSIC incantatore che ha fatto passare in secondo piano i due tiri da tre segnati da Ale Gentile che, come si è visto, se si fa guidare dal cuore e dall’istinto è migliore di quello che pensa di essere ciò che purtroppo è passato con i treni precedenti.

5 A PESARO se vivranno nella speranza che qualche società perda il posto per morosità invece di riflettere  su come  sono arrivati sul fondo di questo mare peripatetico.

4 A REGGIO EMILIA per i troppi calci che tira al secchio, per quella mollezza che vanifica, magari due tempi ben giocati. Tutti a rapporto e chi ha la faccia da schiaffi un bel posto dove stagiona il grana.

3 Agli ITALIANI invocati se dovessero tornare a fare passi indietro. Ci è piaciuta la reazione di Tonut, persino quella di Mezzanotte, ci piacciono i giovani spavaldi alla Pecchia. Ora, per favore, diteci che eravamo incompetenti prima.

1 A MESSINA, così sono contenti i suoi nemici non tanto occulti, se non ricorderà a se stesso che la Virtus di oggi assomiglia un po’ alla sua del triplete nel 2001. Prenda una scopa, si cambi l’abito e metta alla porta i mollicci, i melliflui, i posticci.

2 Alla Reyer che appena saltano addosso ad Austin Daye si accorge che il suo asso è troppo latte e miele.

0 A Luis SCOLA perché a quasi 40 anni deve fare ancora da paravento ad una banda di mammole che nel bosco Armani bevono vini che hanno un fondo di lampone, si godono il lusso, ma non completano mai una giocata e questo accadeva anche quando c’era l’illusione di essere vicini alle grandi eurolega nel gioco, oltre che nel budget.

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