Hammamet, la solitudine di Craxi

14 Gennaio 2020 di Stefano Olivari

Gianni Amelio con Hammamet ha girato un grande film, riuscendo nella difficile impresa di mescolare fiction a realtà storica. Pur essendo un film su Bettino Craxi e sul suo finale di vita in questo paese della Tunisia prima di andarsene nel 2000, Hammamet rivendica quasi orgogliosamente l’essere un film cambiando tutti i nomi dei protagonisti e non nominando mai lo stesso Craxi, al massimo definito ‘presidente’ dai soldati tunisini della scorta e da qualche questuante.

Non è un film su Tangentopoli, bisogna dirlo subito, e nemmeno un film assolutorio. Il Craxi uomo di potere si vede per pochi minuti, durante il famoso congresso del PSI nell’ex sede dell’Ansaldo (quello della piramide di Panseca), mentre parla con il tesoriere del partito e si mostra del tutto disinteressato a qualsiasi questione etica riguardo al finanziamento dei partiti. Pensava che il ‘Così fan tutti’ sarebbe stata l’assicurazione sulla vita per tutti, ma non aveva calcolato l’attenzione selettiva della magistratura e dei media.

Il centro del film di Amelio non è comunque questo, ma la solitudine del protagonista che spogliato del suo ruolo muore già molto prima di morire biologicamente, stritolato da una vita familiare che non lo entusiasmava e che non aveva mai vissuto (notevoli le scene con la moglie davanti al televisore), desideri di rivalsa contro tutti, disprezzo per i tanti suoi beneficiati che gli voltano le spalle (intenso il momento in cui straccia la lettera in politichese, pensiamo di Giuliano Amato), imbarazzo per i tanti (fra questi una delle amanti, interpretata da Claudia Gerini e probabilmente ispirata a Patrizia Caselli, più che ad Anja Pieroni) che ancora lo vedevano come il Craxi di prima.

È un film sul privato ma anche sul politico, su un uomo con una visione del mondo e dell’Italia, al contrario di quasi tutti i leader odierni (Berlusconi compreso, per non allontanarci troppo da Craxi). Pierfrancesco Favino bravo ben al di là della bravura dei truccatori, azzeccati anche i personaggi di pura fantasia come Fausto, il figlio del tesoriere (ispirato ovviamente a Vincenzo Balzamo) che va ad Hammamet per vendicarsi, girare un film verità, capire perché suo padre si è suicidato, trovare la sua strada. Insomma, non lo sa nemmeno lui perché.

Fausto siamo noi, disorientati da situazioni contrapposte: la peggiore politica nell’Italia del dopoguerra, quella degli anni Ottanta che fece raddoppiare il debito pubblico (colpa anche di DC e PCI) scaricandolo sulle generazioni successive, ma anche una cultura molto diversa da quella del semplice consenso. Craxi-Favino, ma anche il Craxi-Craxi, hanno ben presente la differenza fra popolo e gente, fra una comunità con idee di fondo (magari sbagliate) e un insieme informe di individui che rispondono a stimoli.

Ecco, per Craxi (ma evidentemente anche per Amelio) la gente nel senso deteriore del termine sono quei turisti che riconoscono Craxi e lo insultano. Magari giustificati da quei media che ciclicamente si inventano un nemico pubblico numero uno (viene in mente Renzi), a suo tempo omaggiato, di solito un personaggio che rompe lo schema consociativo.

Di fatto coprotagonista del film, Stefania Craxi (interpretata da Livia Rossi) non ha avuto per Hammamet parole particolarmente calorose anche se dubitiamo che l’opera non abbia avuto una qualche forma di autorizzazione della famiglia, visto che è stata girata nella villa vera dei Craxi ad Hammamet. Non un film nostalgico, ma molto duro e malinconico sì. Da appassionato di Garibaldi l’ex segretario del PSI si sarebbe immaginata diversa la sua Caprera. Il suo amato socialismo liberale ispirato a Carlo Rosselli, purtroppo sempre minoritario, sarebbe rimasto un sogno.

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