La tattica di Allegri

6 Dicembre 2019 di Indiscreto

L’intervista concessa da Massimiliano Allegri a Mario Sconcerti, pubblicata sul Corriere della Sera di oggi, andrebbe mandata ad ogni nerd di quelli che infestano le redazioni e che non saprebbero scrivere dieci righe di calcio senza i vari Opta, Wyscout, eccetera. Sintetizziamo brutalmente il pensiero di Allegri: i calciatori intelligenti e messi al posto giusto dall’allenatore sono superiori a qualsiasi tattica preparata a tavolino, l’allenatore vero si vede alla domenica.

L’allenatore esonerato (con esonero trasformato in ‘anno sabbatico’ da chi è più realista del re) dalla Juventus dopo cinque scudetti consecutivi, che si sta godendo un anno di studio e in sostanza di nulla prima di rientrare in pista, fa l’esempio della difesa del Napoli: Albiol era inferiore a Manolas sull’uomo, ma leggeva bene lo sviluppo delle situazioni, cosa che il greco e Koulibaly non fanno.

Allegri ne ha anche per il guardiolismo da esterofili, impossibile senza Messi, Iniesta e Xavi (ed infatti lontano da Barcellona è cambiato anche Guardiola), per il calcio orizzontale predicato in televisione ma non praticato da Sacchi (quel grande Milan andava in porta dritto per dritto, certo non prediligeva il tiki taka), per chi pensa di allenare con gli algoritmi, per i dirigenti che troppo spesso si dividono in manager che non sanno di calcio e uomini di calcio che non hanno studiato.

Interessanti e inediti i suoi consigli dati in estate a Giampaolo, durante un ritrovo con Galeone a Pescara: “Al Milan non puoi fare una squadra di fighetti perché ti spaccano in due. Se non hai il fantasista centrale dei tuoi sogni, niente ti vieta di mettere due mediani”. In poche parole sintetizzati tanti dibattiti Suso sì-Suso no.

Allegri ce l’ha chiaramente con quelli che chiama ‘professori’, lui preferisce i maestri e fra i maestri inserisce Mancini, quello attuale, molto diverso dal Mancini di inizio carriera. Di certo la sua idea di cosa debba essere un allenatore di Serie A è molto chiara: né un distributore di maglie, come lui spesso viene descritto, né uno che riduca il calcio a qualche formula. Ci vuole sensibilità, ed Allegri in carriera l’ha quasi sempre avuta tranne forse che nell’ultima stagione alla Juventus, quando è arrivato male al momento decisivo.

Rimane un grande allenatore anche se nessun giornalista si abbevererà ai suoi dogmi, visto che non ne ha. Curiosamente il suo pensiero ha molto in comune con quelle del suo nemico mediatico Adani, che quando parla di ‘calciatori con conoscenze’ dice le stesse cose di Allegri.

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