Impeachment di Trump, l’America è divisa in due

20 Dicembre 2019 di Indiscreto

L’America di Donald Trump è divisa in due: non puoi considerarti un giornalista se non hai scritto o detto almeno una volta nella vita una frase del genere, magari con l’espressione dolente della Botteri. Forse sono meglio la chiarezza e la stabilità degli stati totalitari, chi lo sa. Il grande mito è comunque quello dei valori condivisi, senza opposizione né contrasti: un immenso 25 aprile di ipocrisia applicato ad ogni materia.

Il monarca assoluto della divisività è Trump, anche prima dell’impeachment votato dalla Camera, che di sicuro non sarà confermato a gennaio dal Senato visto che la maggioranza di due terzi è irraggiungibile senza una spaccatura fra i repubblicani che non c’è. Veniamo al punto: secondo un sondaggio di You Gov (di solito bravo a intercettare le tendenze, nonostante operi soltanto online) datato 17 dicembre anche sull’impeachment l’America è davvero divisa in due.

Siccome quasi nessuno degli intervistati è esperto di politica ucraina, colpisce che fra gli elettori democratici l’88% sia a favore dell’impeachment e il 6% contro, mentre fra i repubblicani tutto si ribalti: 82% a favore e 8 contro. Insomma, tifosi di Juventus e Inter che stanno discutendo di Calciopoli. Fra gli americani che non dichiarano appartenenze ideologiche a un partito, sempre da asteriscare perché Trump è più di sinistra di un democratico del Texas, il ballottaggio dice 37-40.

La morale, Esopo, la morale. L’America è di sicuro divisa in due, ma non è colpa di Trump. Nel 1998 la votazione del Senato riguardante l’impeachment di Bill Clinton disse che su 45 Democratici 45 avevano votato ‘not guilty’ e su 55 repubblicani 50 avevano votato ‘guilty’, pur essendo tutti in possesso delle stesse informazioni.

Non sappiamo i numeri dell’impeachment di Andrew Johnson, né sappiamo la materia del contendere nel suo caso, certo la disciplina di partito non l’ha inventata Trump. Colpisce però che siano militarizzati anche elettori normali, non politici di professione. L’America del 1998, intesa come popolo americano, era meglio? Più capace di ragionare? Non è una domanda retorica.

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