Il prefetto di ferro

6 Dicembre 2019 di Oscar Eleni

Oscar Eleni davanti ai led dell’albero di Natale in ferro che davvero ci fa sentire vecchi, superati, antichi, nella Milano europea dove c’è tutto, ma dove si muore ancora di freddo  ascoltando le vaccate dell’euroscetticismo. Nessuna emozione, più o meno la stessa faccia di quei gonzi che volevano buttarsi nel Naviglio gelato perché dei burloni magliari ci avevano buttato dentro fogli da cento euro. Tutti falsi.

Un po’ come l’Armani alla terza caduta sotto la croce dell’Eurolega, nel vortice malvagio della sfortuna che farà brindare i nostalgici del pianginismo, del bullismo, ma che affligge chi credeva davvero che Ettore Messina sarebbe stato il prefetto di ferro per ridare al basket milanese una società vera, con pregi e difetti, ma aperta, non barricata dietro la cassaforte di un genio. Questo piccolo mondo che sa come passare da vittima, dopo aver fatto di tutto e di più per uccidere qualsiasi sentimento, lasciando dietro di sé soltanto veleno, non certo giocatori, vincendo il minimo sindacale avendo di tutto e di più.

Ora questa Milano sempre straricca per l’Italia, ma anche quinto budget europeo, ha scoperto di essere fragile, nel fisico, tre infortuni seri, giocatori importanti come capitò anche l’anno scorso, cristalli di Boemia che forse andavano cambiati invece di rifirmarli in anticipo, ma, cosa più grave, anche nella mente se adesso dà l’impressione di voler scaricare tutto sull’allenatore-presidente.

Nel consulto notturno, prima che il sindaco accendesse le luci  all’albero di ferro al Duomo pagato da un supermercato, ci siamo sentiti tutti noi che eravamo convinti di aver perso contatto con la realtà di questo basket, rassegnati a sentirci incompetenti: no, erano loro, Messina compreso, ad esagerare meriti persino dopo una vittoria risicata contro Reggio Emilia.

Il verdetto del gruppo Lebowski, figlio del Rincosur, è che la squadra si stia separando da Messina che, in verità, sembra davvero già stanco del lavoro senza tanti progressi con giocatori che  erano stati confermati da altri. Molti separati in casa e poi, quelli che ha voluto lui, abbastanza deludenti se pensiamo al Mack che si mangia i palloni poi regalati al nemico, se guardiamo il timidone White, certo un bravo ragazzo, ma con la vocazione della comparsa: dice ‘Il pranzo è servito’ e torna dietro le quinte. Certo avrebbe avuto bisogno di energia dal gruppo Italia, ma, si sa, quei ragazzi viziati preferiscono far credere che la colpa non è loro se giocano spaventati perché il babau in panchina ha sempre occhi di brace per le loro debolezze da basket di seconda fascia.

Certo siamo ancora al regime dove il giovane allenatore Perego paga per tutti gli errori di Pesaro che ora spera nel pittore Sacco per ritrovare quello che sembra davvero nascosto nel gruppo a cui, forse, non basterebbe neppure tornare nell’arena Scavolini, appena rinnova in via dei Partigiani, dove quella società ha vissuto la vera età dell’oro e non soltanto per i soldi del suo mecenate.

A Messina non capiterà, anche se Milano soffre. Crediamo sempre che il nostro prefetto Mori, con la stessa tigna del Gemma mandato sugli schermi da Squitieri per parlarci di mafia collusa col potere (ma va’?), ieri il fascismo, oggi con chi comanda o crede di comandare sapendo di essere un pupo nelle mani di chi può drogare il mondo, prima i ricchi, poi la povera gente.

Soffre i dieci anni passati lontano da un Paese che ha ritrovato senza etica (sorpresa?), soffre questi ragazzi tutti educati ma che non graffiano mai e se si trovano davanti le chele della bella difesa organizzata da Sakota, da noi sottovalutato, come sempre, se si scontrano con i fisiconi della Stella Rossa, il Brown trottolino amoroso, allora eccoci davanti ad una squadra che costa oltre 30 milioni e che segna 67 punti. Da ritiro prolungato. Meno carote, più bastoni e poi, visto che è difficile gestire tanti presunti titolari, meglio sfoltire che avere facce cupe nel branco.

Pagelle dopo la notte senza luce  dentro l’albero del Forum  sempre sognando un Pala Armani dove c’era il pala Sharp dei Togni.

RODRIGUEZ 4.5 – Batte in testa, vede doppio, era un closer, gli tocca tirare una carretta senza ruote.

ROLL 5 – Dovrebbe essere un po’ più presuntuoso, nascondersi non aiuta nessuno.

WHITE 5.5 – Ci dà dentro in difesa, ma in attacco è davvero soltanto una sponda sorda.

SCOLA 4 – Come  Rodriguez era pronto a dare una mano nelle parti calde della gara, non certo a faticare in quintetto dal primo minuto. Grande, ma vicino ai 40.

MACK 3 – Insistere su questa scommessa porta alla bancarotta. Prima o poi, ci dicono, vedrete. Trattati da Butterfly.

NEDOVIC 5.5 – Batteva in testa prima di riscoprire muscoli fragili come l’anno scorso.

DELLA VALLE 4.5 – Insistere nel fargli credere che ha fatto progressi confonde lui e lascia senza parole una squadra già sfiduciata che doveva vivere sulla difesa e con la falena Amedeo è un gruviera.

BROOKS 6 – L’unico che fa sempre tutto quello che ti aspetti da lui, ma poi scoppia.

MORASCHINI 5.5 – Quei sospironi quando gli viene bene qualcosa fanno pensare che viva nell’equivoco di essere un grande incompreso.

MESSINA 4.5 – Sfortunato, inascoltato, ma non siamo sicuri che i peggiori siano quelli che tiene sempre in panchina.

P.S: Sembra che alla RAI, via ciclismo, ti pareva, via Segrafredo, riavremo il basket in diretta su Rai 2 per il fine anno da sballo fra Virtus Bologna e Armani. Potere dei potenti, non certo scelte. Insomma favori, non diritti acquisiti come biliardo o freccette.

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