Richard Jewell, cattive critiche per Eastwood

9 Ottobre 2019 di Stefano Olivari

Richard Jewell è il nuovo film di Clint Eastwood: uscirà a dicembre e la nostra facile previsione, senza ancora averlo visto, è che per la prima volta dopo tanti anni il vecchio (89 anni) Clint sarà stroncato come regista. Perché magari il film sarà un capolavoro, ma non potrà negare la storia: cioè che Richard Jewell abbia rappresentato una delle più grande sconfitte per i media statunitensi e per i media in generale, che copiano acriticamente le notizie da quelle statunitensi.

Chi è Richard Jewell? Anzi, chi era? Richard Jewell era la guardia giurata dell’AT&T che nel 1996, durante le Olimpiadi di Atlanta, individuò uno zaino sospetto nel parco olimpico e fece evacuare l’area prima che la bomba esplodesse. Vista la potenza della bomba il bilancio delle vittime, un morto e un centinaio di feriti, fu quindi quasi un miracolo.

Sulle prime trattato dai media come un eroe, Jewell si trasformò rapidamente in uno dei sospettati senza che alcun magistrato o poliziotto avesse mai detto pubblicamente una cosa del genere. Tutto partì da un giornale di Atlanta, imbeccato da un’indicazione dell’FBI poi rivelatasi falsa (vero era che lo avevano e lo avrebbero interrogato, ma come tanti altri presenti sul posto: solo che lui era l’unico famoso), che pubblicò un articolo ripreso poi da giornali e televisioni nazionali, con il nome e la figura di Jewell citata anche in programmi di intrattenimento come quello di Jay Leno.

Nei suoi confronti ci fu un accanimento feroce, fra giornalismo e satira centrata anche sul fisico, che terminò soltanto quando fu catturato il vero attentatore: un estremista di destra, suprematista bianco anti-omosessuali e anti-aborto (mai stato chiaro perché fosse anche contro le Olimpiadi), che fu condannato nel 2005 a un totale di quattro ergastoli (in altra occasione aveva ucciso un poliziotto) ed è tuttora in carcere: bisogna precisarlo, visto che in Italia uno così sarebbe già in semilibertà fra finti pentimenti e nessuno che deve toccare Caino.

Ma intanto la vita di Jewell era stata rovinata e solo per poco avrebbe coronato il sogno di fare il poliziotto: non avrebbe fatto in tempo a godersi i cospicui risarcimenti di CNN, NBC, New York Post e altri, tutte cause stravinte o chiuse con accordi segreti, visto che è morto nel 2007 a 45 anni, fra malattie cardiache e diabete.

Qual è il punto? I punti in realtà sono due. Jewell non è stato vittima di un errore giudiziario: la sua posizione, come quella di tutti i presenti all’Olympic Centennial Park, fu analizzata dall’FBI (che lo tenne sotto controllo per mesi) e poi chiarita, arrivando addirittura al poligrafo (macchina della verità, per gli amici). Davvero si era insospettito per quello zaino abbandonato e aveva salvato centinaia di vite. Insomma, Jewell è al 100% una vittima dei media e non del sistema politico (all’epoca presidente era Clinton) o di chissà quale complotto.

Il secondo punto è ancora più esplosivo, ed è quello che porterà cattiva stampa a Eastwood. Jewell aveva la sfortuna di non far parte di alcun gruppo protetto dal politicamente corretto: non era nero, non era una donna, non era gay, non era handicappato, non era povero, non era un intellettuale. Era solo un uomo bianco di classe medio-bassa, con un lavoro che molti giornalisti disprezzavano (guardia giurata, nemmeno poliziotto), sovrappeso e non di poco. L’archetipo del tifoso della NFL o della NASCAR, secondo la rappresentazione di certi scrittori, o anche, per calarsi nell’attualità, di quello dell’elettore di Trump. Certo, molto dipenderà da come Eastwood tratterà la materia, ma la storia di Richard Jewell è questa: una persona normale che al momento giusto ha fatto la scelta giusta.

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