Ladies Football Club, donne che non aspettano un regalo

22 Ottobre 2019 di Indiscreto

Ladies Football Club sarebbe un libro di Stefano Massini sul calcio femminile, se uno si fermasse al titolo. Ma per fortuna è molto di più della sbobba politicamente corretta che viene servita da quando i grandi club e le televisioni hanno deciso di allargare il loro mercato trasformando dignitosissime atlete in pretenziose professioniste. Pretenziose perché senza pubblico, di solito.

Il pubblico Stefano Massini invece ce l’ha, per le sue opere teatrali e i suoi interventi televisivi a Piazza Pulita. A dimostrazione che uno storyteller non è un giornalista che giudica leggendario anche un calcio d’angolo di un’amichevole Cavese-Nocerina, ma una persona che sa raccontare una storia. Meglio ancora se inventata come questa, con uno sforzo creativo che vada al di là di quattro fregnacce messe in bocca ai morti e di qualche soprannome spagnoleggiante.

Massini in questo libro scritto per Mondadori prende spunto dal calcio femminile in tempo di guerra, molto diffuso in Inghilterra (dove comunque si giocava da fine Ottocento), per inventarsi una squadra di operaie di una fabbrica d’armi di Sheffield, la Doyle & Walker, che senza un vero perché iniziano il 6 aprile 1917 a giocare a calcio nel tempo libero, pur non avendo di fatto tempo libero ed essendo tutte mogli, madri, figlie di professione oltre che operaie. Gli avversari sono altre donne, ma anche gli uomini rimasti e i ragazzi.

La loro risposta all’orrore, non soltanto quello della guerra ma anche della loro condizione, è il calcio. Qualcuna è ideologizzata (a sinistra, perché è pur sempre un libro che deve avere recensioni in Italia), la maggioranza è semplicemente stanca di essere invisibile e di avere tutto quel poco per concessione. Calciatrici solo perché non ci sono i calciatori, operaie solo perché gli uomini sono al fronte, persone con un’identità solo perché la guerra rimescola più della pace.

Massini narra le vite di undici donne immaginarie, da Violet Chapman alle altre, che arrivano a farsi rispettare sul campo e fuori. Queste donne non aspettano che qualcuno regali loro qualcosa, ma se lo prendono. Non ambiscono a diventare professioniste del calcio, ma ad essere padrone della loro vita. Non hanno bisogno di scimmiottare un club di uomini per sentirsi donne e quando la guerra finisce forse inizieranno le loro vere vite.

Non è un libro che ci ha entusiasmato, ma siamo arrivati fino alla fine perché ci è piaciuta la sua impostazione di fondo. Un buon regalo per donne che aspettano di vedersi risolvere la vita da una concessione degli uomini. Magari leggendo queste righe potrebbero pensare che è un grosso sbaglio.

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