La Juventus indebitata chiede i soldi agli Agnelli

25 Ottobre 2019 di Indiscreto

La Juventus ha 463 milioni di euro di debiti, aggiornati alla stagione 2018-19, circa 150 in più dell’anno precedente, a fronte di un fatturato di 621 milioni (più 116 rispetto all’anno prima), quindi un bambino juventino di prima elementare direbbe che è felicissimo che nella sua squadra giochi uno dei migliori due calciatori del mondo, ma che dal punto di vista finanziario l’effetto Cristiano Ronaldo è stato negativo.

I media però sono purtroppo popolati da adulti, nemmeno tutti juventini ma tutti timorosi di essere tagliati fuori dal sistema (il mondo Agnelli è cattivissimo e vendicativo, anche contro i più umili e sempre per interposta persona), e quindi anche dopo l’ufficialazzazione del bilancio della Juventus stanno propagandando la stupidaggine che un aumento di capitale di 300 milioni sia una bellissima cosa.

Non sarebbero quindi sanguinosi soldi chiesti agli azionisti, cioè in gran parte agli Agnelli stessi (la Exor ha il 63,77% del club), ma parte di un grande piano di sviluppo. Ma non doveva essere finanziato dai panini venduti allo Stadium e dal merchandising asiatico? 300 milioni senza contare altre pennellate, come l’autosponsorizzazione Jeep. Il cui contributo come sponsor è passato da 17 a 42 milioni di euro annui, purissima operazione fra parti correlate anche se non ai livelli qatarioti.

Cosa vogliamo dire? La solita cosa, ormai facciamo cover di noi stessi. Il calcio di alto livello non è per tutti, ci vuole una grande azienda alle spalle e la Juventus ce l’ha. Ci vuole anche che i proprietari di questa azienda siano fondamentalmente interessati a vincere e la Juventus è a posto anche sotto questo aspetto, contrariamente ad altri (soprattutto stranieri, ma non solo) proprietari di club italiani ai quali il calcio serve per giocare anche su altri tavoli. Complimenti ad Andrea Agnelli, quindi. Però trattare dati oggettivi come l’indebitamento e l’aumento di capitale come una discussione sul rigore di De Ligt significa trattare i lettori-telespettatori come minorati mentali.

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