Dieci anni senza Gigi Porelli

29 Ottobre 2019 di Toni Cappellari

Quando Toto Bulgheroni è salito sul palco al palazzo di Varignano, applaudito da tutti, nel giorno in cui la Lega gli rendeva giustamente omaggio per tutto quello che di buono ha fatto nel nostro basket, ho chiuso gli occhi e ho visto di fianco a lui Gigi Porelli. Erano in sintonia, c’erano affinità elettive, non soltanto case nel cuore storico di Bologna.

L’avvocatone manca da dieci anni e io, ormai rassegnato a fare lo spettatore professionista, lo vedo in ogni angolo, non soltanto quando vado a Bologna per lavoro. Le sue parole, quel “non passa” che faceva tremare, quel meraviglioso “noi siamo noi” che non hanno voluto scrivere sui muri del nuovo Diana, ci aiuterebbe adesso che il basket italiano è davvero di seconda fascia, circondato, tradito anche televisivamente. Servirebbe il vestito da battaglia, non certo quello della gentilezza fra gentiluomini, anche perché in giro se ne vedono pochi.

Caro Avvocato fai qualcosa, non stare tutto il giorno a discutere con Rubini e Allievi il caro e amatissimo pretone, non rinfacciare ancora a Bogoncelli quella partita a bridge giocata nella dolcezza della Liguria. Per non rimproverarmi nulla ti ho mandato un biglietto  che di certo leggerai quando Bruna Heidempergher, la vestale nel castello Olimpia in via Caltanissetta, te lo leggerà dopo averci riso sopra.

Era una parte importante di quella società, il cuore l’anima, il cervello, pazienza se spesso ci si litigava. Lo farà anche Porelli incontrandola se la nostra cara amica appena scomparsa diventerà una Erinni, come faceva in ufficio con il manager, con Peterson, con i giocatori, i grandi e i piccoli, se esageravano. L’idea del biglietto mi è venuta alla festa di commiato organizzata dalla amiche, lei non avrebbe mai accettato un funerale classico. Speriamo ci sia un posto altrove dove chi ci ha lasciato possa davvero godersela.

Nel biglietto a Porelli gli vorremmo far sapere che al momento tutti hanno rispettato quello che gli aveva sussurrato il suo amatissimo Cocteau quando andava a Cannes per vivere come piaceva a lui e alla Paola: “La tragedia peggiore che possa capitare ad un dirigente è di essere ammirato attraverso una scorretta interpretazione delle sue scelte e decisioni”. Non è così, anche se facciamo fatica a sederci per discutere con i tanti che comandano, o pensano di comandare, oggi.

Caro Avvocato avrà saputo che Scariolo, il bresciano, è diventato campione del mondo con la Spagna. Lasciamo perdere il passato fortitudino, personalmente ho vissuto il momento del distacco suo e di Sasha Djordjevic che dava sofferenza, che è stata sofferenza, ma quello che ha fatto con l’ultima Spagna ci dice che il mondo oltre le stupide frontiere lo ha maturato tanto rispetto al ventinovenne esordiente che vinse lo scudetto con la Scavolini. Sì, certo aveva avuto grandi maestri, prima Sales, poi Bianchini, ma non  è stato tutto rose e fiori se dovessimo ricordare la sua esperienza milanese, anche se poi quando è arrivato Messina gli ha detto quello che sapevano tutti: importante è la società, più dei giocatori, più di tutto il resto.

Ecco, Porelli lo capirà benissimo, magari facessero così quelli di  oggi. Fosse per lui andrebbero in pellegrinaggio proprio in Spagna come fece lui quando cercò alleanze per costruire quella che oggi è la grande ULEB, la seconda lega del mondo dopo la NBA. L’avvocato avrebbe cercato di spiegare le cose come faceva con Gianni De Michelis, un gigante almeno nel basket, ma forse anche nella vita,  che lo sbalordiva sempre: “Gli spiegavo le cose prima delle assemblee di lega, cinque minuti, eppure appena andava in scena sembrava che avesse vissuto quello che stava raccontando, chiedendo. Un prodigio d’intelligenza, me ne frego di tutto il resto”.

Ecco la Spagna da vedere e non soltanto per mangiare carciofi all’aglio, bere bene e sballare ogni dieta con le tapas. Hanno vinto il Mondiale, ma hanno vinto tanto anche nelle giovanili, per trovare un palazzo brutto devi sforzarti. Nella finale per il  titolo a Pechino c’erano tantissimi giocatori nati e cresciuti nella Lega ACB. Certo che tifavamo in tanti per l’Argentina, perché lo sport resta sentimento e Davide, come Ettore, è sempre stato preferito a Golia o Achille, ma quella squadra diventata famiglia passando attraverso partite brutte ci ha detto che pur con la stessa passione, da troppo, non realizziamo quello che sogniamo.

Caro avvocato Porelli qui staremmo tutti bene se come nel film Ghost lei potesse urlarci un po’ dietro, dando la sveglia. A proposito, non le chiedo di commentare il derby con la Virtus che preferisce giocarlo lontano da piazzale Azzarita, ma di spiegare ai sordi di questa epoca che l’unico palazzo nuovo è quello costruito in 10 anni sulle macerie e l’amianto del vecchio Palalido. Forse hanno messo l’aria condizionata, magari al Taliercio che era un forno, ma per il resto siamo fermi in giunta: lo sport non è salute per chi governa da troppo tempo.

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