Il record di Mennea e l’eliminazione dei narcisi

12 Settembre 2019 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dal paradiso dei dimenticati sotto la melma della betoniera romana, non lontano dagli spogliatoio vergogna del San Paolo di Napoli. Capire quando si è a fine corsa dipende dalla risonanza magnetica, ma anche da come ti tratta la gente.

Lavori per oltre 40 anni in un posto e quando devono celebrare eventi passati li fanno scrivere a chi non c’era, non certo a chi era sul posto in quel giorno grigio di Città del Messico che, come diceva Piero Mei il grandissimo, è città capace di mandarti nei matti.

La stessa sensazione avuta qualche anno dopo per il mondiale di calcio quando arrivando a Ciudad, prima di andare nella dolce Queretaro col Mura e il Melli, scoprii che i “veterani” , da Brera a Melidoni, per colpa dell’altura, erano stati ospedalizzati per verifiche coronariche.

Noi c’eravamo per il Mennea di quel record mondiale, lui e i suoi fratelli velocisti, lui e Vittori, lui e il nostro amatissimo pittore e scultore Nazareno Rocchetti, a quei tempi maestro di chiavi per muscoli sofferenti, per teste surriscaldate dagli eventi, l’Universiade con Gianni Minà imprecante perché il telefonista RAI lo aveva messo in attesa, rubandogli l’urlo: primato del mondo, primato del mondooo.

Succede di essere messi da parte, nella corsia vecchiaia, ma ti fa male lo stesso. Così come fa malissimo scoprire che sono in tanti, soprattutto fra i giocatori italiani, ad essere risentiti per il congedo dal mondiale delle beffe. Gigi Datome, che amiamo e stimiamo tantissimo, dice, forse giustamente, che forse rimpiangeremo questa generazione da zero tituli. Probabile, ma se davvero vuole diventare presidente federale come pronostica Petrucci, si faccia un’esame di coscienza e valuti il basket italiano per  come lo hanno ridotto i padroncini pronti alla loro tarantella nella villotta fuori Bologna per presentare il nuovo campionato.

Quando comincerà la caccia ad Ettore Messina gli faranno le stesse domande che facevano al suo  predecessore che in FIP ricordano più per la presunzione che per i risultati, molto simili a quelli di Ettorre e di Romeo preso a sassate sotto il balcone di questa Giulietta scostumata. Degli italiani in maglia Armani, Moraschini, Biligha, Cinciarini, Della Valle, cosa pensa di fare?

A Sacchetti sono stati dati più  giocatori spiumati che veri galli da combattimento, a proposito su richiesta del Giganton al Gallo vero diamo un 6.5, perché gli sprazzi veri di talento in Azzurro Fremebondo erano suoi e quindi merita almeno come il Gentile sempre disoccupato a cui riconosciamo la  cazzimma, anche se non riusciamo ad andare oltre il suo tiro freudianamente complicato da voci di un coro solo suo.

Veniamo al Mondiale delle beffe perché ci troviamo la Spagna in semifinale e le grandi favorite, Serbia più degli Sati Uniti, dentro il fiume di perla, cambiate le consonanti e avrete il quadro. La NBA globale che accoglie più di 100 giocatori con carta verde, gente che viene da fuori, sapeva già che le sue terze scelte sarebbero state messe in graticola. Bravissimo Collet, bravissimo Scariolo, anche se lui stesso riconoscerà, contrariamente ai chiassosi Azzurri, che questa sua Spagna è la meno forte degli ultimi anni.

Furbo tu che hai scritto la peggiore e adesso rettifichi. Narcisismo, cara gente, l’incapacità di ammettere che se preferiscono tagliarti fuori avranno i loro buoni motivi, indorando la pillola con la storia dei commenti da “prima firma”. Tutte balle, ma agli zoppi si deve pur  dire la finta verità. Finiti oltre la siepe dopo aver visto il Mondiale che ha esaltato un solo vero concetto: nello sport di squadra le isole si allagano e marciscono e  chi è ammalato di narcisismo diventa un Pierino capriccioso senza amore per quello che sta facendo.

I campioni veri saranno comunque gli  argentini. Capolavoro per gente che aveva fame, che sente qualcosa. Bellissima Francia, con tanti mezzi, bella Australia mai così in alto, sorprendente Spagna anche se le manca qualcosa. Chi è fuori, USA e Serbia in testa, forse anche l’Italia, vaga sotto la muraglia cinese con un mazzo di narcisi andato a male. Se Djordjevic non fosse Djordjevic, se Popovich non fosse Popovich, se Sacchetti non fosse quello del triplete a Sassari e della coppa Italia con Cremona, roba sua non dei denigratori a cottimo, sarebbero sotto processo.

Sasha se la caverà comunque anche se a Bologna fai presto a passare dall’altare alla polvere, Pop è un grandissimo e tifiamo sempre per San Antonio oltre che Boston, resterà Sacchetti con il cerino perché gli diranno ogni volta, dopo suggerimento, che allena male. Eh sì. Difficile portare in forma chi come Datome e il Gallo si è allenato nell’ultima settimana.

Ci sentiamo dopo aver digerito i rospi di questo settembre malvagio, dall’8 che per noi è sempre sconfitta, al 12 che è festa, ma con rimpianto. Mentre Beccantini ci ricorda magistralmente un Brera olimpico sul basket a Montreal e il colonnello Loriga esplora la Barletta di oggi e le disfide di Pietro Fieramosca. Cercate di capire il viandante che zoppica e  va verso il burrone. Quello dei narcisi.

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