Caso Lukaku: giornalisti o ultras?

5 Settembre 2019 di Indiscreto

Domenica scorsa durante Cagliari-Inter alcuni tifosi del Cagliari hanno gridato dei buu mentre il pallone era fra i piedi di Romelu Lukaku. Come spesso avviene, al momento quasi nessuno se ne è accorto mentre nei giorni successivi il caso ha suscitato indignazione mediatico-twittarola e il giornalista collettivo come un sol uomo ha pescato il temino dal libro dei temi (esistono ancora?).

Il caso nel caso è nato quando la Curva Nord interista, o comunque i rappresentanti di una parte consistente di essa, ha scritto una lettera aperta a Lukaku, ma in realtà ai media, provando a spiegare che in curva ci sono ragazzi di diverse etnie (così, da lontano, non ci sembra) e che, questo il punto centrale, il buu dei cagliaritani (e, sottinteso, quelli futuri degli interisti) non ha intenti razzisti, diversamente riguarderebbe anche i giocatori neri dell’Inter, ma soltanto quelli di incidere negativamente sulla prestazione degli avversari.

Classica vicenda in cui ognuno rimane della propria opinione, ma la particolarità del tutto risiede secondo noi nel fatto che gli ultras del Cagliari siano stati difesi da quelli dell’Inter, che con loro non hanno rapporti di gemellaggio, amicizia, niente di niente. In altre parole, l’essere ultras è qualcosa che va oltre l’essere tifoso di questa o quella squadra. Non è di più o di meno, è proprio una cosa diversa. Non ci ricordiamo prese di posizione ultras per un rigore non dato o per un fuorigioco dubbio…

Dall’altro lato, il mondo politico è diviso ma non per i voti: stiamo parlando di massimo 45.000 persone (fonte: Digos) in tutta Italia, quindi l’1 per 1000 dell’elettorato. Gli ultras oggi raramente fanno politica attiva, e quando la fanno è in movimenti non votabili, ma sono al 90% di destra. In una società in cui più nessuno scende in piazza, con ragazzi lobotomizzati che postano i loro selfie in pizzeria, 45.000 persone incazzate valgono però molto più di quell’1 per 1000 statistico. Anche perché è evidente, e del resto ci sono ministri che lo teorizzano, che il voto conta poco.

Quanto ai giornalisti, in gran parte sono rimasti agli anni Ottanta e Novanta, quando l’ultras di professione esisteva e a volte era quasi inquadrato nelle società. L’ultras di oggi è in certi casi un delinquente, tanto per chiamare le cose con il loro nome, ma a prescindere dal calcio. Questo non gli impedisce a volte di essere aziendalista e di attaccare qualcuno a comando, in cambio di quattro biglietti omaggio o di altro, ma il tifo è un’altra cosa. C’è più tifo vero nei commenti a un post calcistico che in tutte le curve d’Italia messe insieme.

Poi non è che uno spacciatore se non avesse il calcio si metterebbe in coda per un colloquio con il navigator (meglio fare lo spacciatore, a dirla tutta) o si candiderebbe a sostituire Tim Cook alla Apple. In altre parole, il delinquente dovrebbe stare in carcere. Ma non è che essere ultras debba essere un’aggravante rispetto ai singoli reati commessi.

La foto che pubblichiamo è di qualche giorno fa, quando alcuni ultras hanno familiarizzato con Lukaku per le vie di Milano (ma chi gli avrà segnalato la sua posizione?), nel quadro della loro lotta senza quartiere a Icardi. Bianco, all’ultima rilevazione. Il ‘Di qua o di là’ non è quindi sul razzismo, ma sulla sua celebrazione (anche gli editoriali contro lo sono): giornalisti o ultras?

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