Il Ferragosto e i giornali dell’Italia anni Settanta

19 Agosto 2019 di Stefano Olivari

A Ferragosto le città italiane di ogni dimensione sono state il solito deserto, fatta eccezione per qualche centro attira-turisti. Proprio come negli anni Settanta, e citiamo i Settanta perché sono il primo decennio che abbiamo vissuto, quando le vacanze degli italiani erano segnate dalla chiusura di Mirafiori. Adesso Mirafiori di fatto non esiste più, ma l’Italia è sempre quella. Oltretutto con i debiti generati dalla bella politica degli anni Settanta e Ottanta, quella dei grandi statisti e delle parti sociali.

Una profonda riflessione che ci è venuta alla mente quando domenica 18, non si dice il giorno di Ferragosto, siamo andati ad acquistare i giornali per una persona dalla mobilità limitata. Quattro chilometri in auto, passando una decina di edicole chiuse (non contiamo quelle chiuse definitivamente e non ancora sradicate), con il problema risolto grazie a una delle poche della metropolitana rimaste aperte.

Come spesso capita nei post di Indiscreto, non c’è la morale. Perché mai un commerciante dovrebbe tenere aperto se la quasi totalità dei suoi clienti è assente? Senza arrivare alle vette del nostro edicolante abituale, chiuso per un mese e mezzo (foto documento), la libertà di impresa è anche questo. Certo nell’Italia ferma di agosto ci sono anche dei pro al di là della bellezza delle città deserte, che abbiamo sempre amato: un periodo in cui bene o male le famiglie hanno una vita quotidiana insieme, magari per scoprire che non hanno alcuna voglia di una vita quotidiana insieme.

C’è poi l’inevitabile considerazione sulle vendite dei giornali, valida anche negli altri undici mesi. In tante zone per trovare un’edicola aperta bisogna camminare per chilometri, con la causa che ormai si confonde con l’effetto: il calo continuo della vendita dei giornali non sarà anche in parte un problema di distribuzione? Magari trovarti sotto il naso, al bar, i quotidiani, come accade in molti paesini che l’edicola non l’hanno mai avuta, può generare quell’acquisto di impulso che poi potrebbe diventare continuo. Un euro per un caffè schifoso bevuto in mezzo secondo è meglio speso di un euro e cinquanta per un giornale?

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