Più Donato e meno Elliott

1 Luglio 2019 di Indiscreto

Diego Abatantuono si dimette da tifoso del Milan, in segno di protesta contro un calcio senza identità, prima ancora che contro un Milan senza identità. Ovviamente non è vero, nessuno si può dimettere da tifoso, semmai con l’età può fregare di meno del calcio, ma le parole di Abatantuono (per sempre il Donato di Eccezzziunale veramente) esprimono uno stato d’animo diffuso.

Stato d’animo che cambiando il nome del tifoso e la squadra (Inter, Roma, Genoa, Bologna) può essere esteso a tutta l’Italia. Non è però unanime, anzi, al punto che le tifoserie sono spaccate nettamente in due. Parliamo delle persone reali, non da chi ha un qualche tipo di convenienza a fare l’ultras dello stadio di proprietà o quello della nostalgia.

Da una parte quelli del calcio che è diventato un’azienda di entertainment, dall’altra quelli secondo cui è meglio essere sfigati ma diversi dagli altri. O meglio, percepirsi diversi dagli altri perché poi la psicologia del tifoso è trasversale rispetto a molti parametri, si pensi soltanto al razzismo (pochi provocatori quando sono i nostri, tutti nazisti quando gridano gli altri) o alla retorica delle bandiere. Quanti milanisti pensano che Maldini sia un grande dirigente, dopo dieci anni di tennis? E quanti juventini esultano per il ritorno di Buffon a disturbare Szczesny?? Quanti interisti si sono abbonati per il ritorno di Oriali?

2. Sempre a proposito di Milan, l’esclusione dall’Europa League fa contenti tutti, soprattutto il Milan stesso che evita il continuo scivolamento dei trienni impestati (e fino al 2021 ci sarà dentro l’ancora non raccontabile anno di Fassone e Mirabelli) e nel 2020 se si qualificherà potrà disputare la Champions League con multe e qualche limitazione alla rosa, tipo l’Inter della scorsa stagione.Festeggiano anche la Roma allo sbando, il Torino fra un’intervista ridicola di Cairo e l’altra, più l’UEFA che riesce al tempo stesso a non perdere un club di nome e a fare la faccia severa. 12-15 milioni di mancati introiti sono niente rispetto alla scomparsa dai radar europei. Adesso (adesso si fa per dire) uno straccio di impegno per il nuovo stadio e via Elliott. Altro che orizzonte di tre anni.

3. L’Italia delle donne ha terminato il suo Mondiale ai quarti di finale, con grandissimo onore e andando oltre le aspettative. Se poi in noi non è scattato il tifo identitario il problema è nostro, non delle ragazze che hanno ottenuto audience e rispetto enormi. Adesso l’unica cosa che conta non è il professionismo, stupido mantra che in tanti stanno ripetendo e che potrà essere introdotto soltanto da un boom continuo di interesse (non si parla di soldi, che girano anche adesso, ma di status giuridico e soprattutto fiscale), ma quante bambine guardando Bonansea e compagne inizieranno a giocare a calcio a prescindere dagli input di un padre fanatico.

4. Giampiero Ventura è stato il peggior allenatore nella storia della nostra Nazionale, ma è tutt’altro che un cattivo allenatore: semplicemente dopo una vita nel calcio minore e medio non aveva la credibilità per imporsi sui vecchi dello spogliatoio, che poi a disastro avvenuto hanno avuto anche il coraggio di fare quelli veri, quello che piangono per la patria e non è che siano interessati ai loro record o agli alimenti per le ex mogli. Non è che un anno e mezzo fa l’Italia fosse a zero e adesso viva un nuovo Rinascimento di talenti, quindi anche il fallimento di Ventura va messo in una certa prospettiva, senza dimenticare le sue colpe (una certa presunzione, unita alla certezza di essere sottovalutato). Dopo le tristi 4 partite al Chievo adesso la ripartenza con la Saremitana in B, la sua giusta dimensione ricordando le imprese con Lecce, Cagliari e Torino.

Share this article