La scuola contro il dialetto

11 Luglio 2019 di Indiscreto

La recente relazione dell’Invalsi, l’ente di valutazione della scuola italiana, ha confermato l’esistenza di quella che in telegiornalese si definisce ‘Italia divisa in due’. Con il divario di preparazione e comprensione fra studenti del Nord (il meglio nella provincia di Trento) e studenti del Sud (il peggio in Calabria) grave in matematica e drammatico in italiano, visto che che la lingua sarebbe la base per tutto il resto.

Una frattura che sfugge in parte al senso comune, perché essendo anche le democrazie strutturate in caste quasi tutti noi, anche se è difficile ammetterlo, frequentiamo e interagiamo con persone del nostro stesso ceto sociale. In altre parole, l’ingegnere o il giornalista trentino non si percepisce differente dal collega calabrese: ognuno dialoga con persone del proprio micromondo.

Fra le solite spiegazioni socio-economiche, politiche, storiche, eccetera, ci ha colpito quella di una professoressa di un liceo di Locri, Lucia Licciardello, letta sul Corriere della Sera. Ci ha colpito perché è esattamente ciò che pensiamo noi, che come tutti amiamo la conferma dei nostri pregiudizi. L’insegnante punta il dito sull’uso, anzi sull’abuso, del dialetto in contesti familiari, non necessariamente degradati. Così il bambino, anche quello che va regolarmente a scuola, si trova ad essere al mattino una sorta di straniero in patria, mentre nel resto del tempo si esprime in un’altra lingua. La professoressa ricorda anche l’usanza di alcuni colleghi insegnanti, che credendo di entrare meglio in sintonia con gli alunni parlano in dialetto durante le lezioni.

Di nostro diciamo che un altro problema è l’usanza, non solo calabrese, di ghettizzare le scuole e le sezioni per qualità di insegnanti e di alunni. Nella sezione C di quella tal scuola, per dire, ci saranno sempre i peggiori e anche quando non è vero la fama rimane, generando un meccanismo autoassolutorio. Con questo non vogliamo dire che il dialetto sia l’unico problema della scuola italiana, ma di sicuro che dovrebbe essere proibito parlarlo in contesti statali e sconsigliato usarlo in famiglia. Insomma, il primo passo per evitare che tuo figlio sia ignorante è quello di parlargli in italiano, ammesso di saperlo. Meno male che c’è la vituperata televisione.

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