Zitti come voleva Zoff

19 Giugno 2019 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dalla Groenlandia per calmare i cani da slitta che nuotano dove c’era il ghiaccio e pensano di essere in Cambogia. Il caldo. Lo sfascio di chi se ne frega se bruceremo prima qui che all’Inferno. Questo mondo dove ai ricchi i poveri fanno davvero schifo se possono mandare in giro una bambina con due chili di coca fra le immagini sacre, se bisogna mettere telecamere negli asili e negli ospizi per tutelarsi dai veri orchi che girano anche negli ospedali.

Siamo pecore al servizio, delusi  da troppe cose, stupidi e anche ingenui se non riusciamo a capire perché Totti ha lasciato la sua Roma parlando dalla sala d’onore del Coni. Boccaloni da lago inquinato se ci disperiamo per il nuovo fermo di Michel Platini l’incantatore. Uno di quegli artisti dello sport che ami a prescindere.

Ci viene in mente una sosta premio della Juventus dagli sponsor di Fabriano prima di andare a perdere sul campo di Ascoli. Grande Trap, bella esperienza, ma anche riscoperta della distanza da un mondo che rifiutava tutto e tutti e voleva soltanto privilegi: prima nella sala pranzo, prima di chi pagava il pranzo, poi fuga, lasciando senza parole chi li aveva voluti in quella festa pagana. Con Alberto Bucci, al tempo allenatore in casa Fabriano, sorridevamo, guardando la faccia delusa delle preparatissime guide che, al momento di partire per una visita alle meraviglie nelle grotte di Frasassi, si trovarono soltanto quattro giornalisti al seguito, nessuno della Juventus.

In quella sosta ci siamo  convinti che il calcio ha porte sbarrate per chi non capisce gesti, segni, per chi non sa interpretare. Una vita infernale per loro, ma anche per i poveracci che si devono guadagnare il pane andandogli dietro. Esemplare la sera davanti alla televisione per il Processo di Biscardi.  Quasi tutti nella penombra mentre Platini girava in ciabatte e scherzava su certi ceffi da schermo grande. A quel punto parlò Dino Zoff, che avevamo benedetto al mondiale spagnolo, per le parate, ma anche per le poche parole che diceva durante il silenzio stampa. Senza virgolettato decente ti lasciavano scrivere storie su campioni, su tante cose. Insomma Zoff era il nostro idolo, lo sarà sempre per come ha parato, per come ha allenato, per come se ne è andato. Quella sera, però, ci lasciò un gelo dentro: “Ehi tu, qui siamo tutta gente seria, le battute sul Processo non escono da qui”. Perché gelo. Be’, eravamo convinti che sapessero capire chi avevano intorno, ma forse è colpa del giornalismo accattone che ha fatto diventare quasi tutti nemici. Se spifferi, se collabori, se taci,  puoi stare alla mensa, altrimenti fuori.

Ci stanno provando anche nel basket dove la canzone inventata nel 1967 da Lucio Dalla per i Rokes, Bisogna saper perdere, non è mai stata capita, un po’ come dice il figlio di De Andrè sugli estimatori del padre, così distante dalla loro Nutella. Non ci vogliono stare. Se cadono è per colpa di altri, magari gli arbitri? Be’, il bersaglio è facile se nessuno sa replicare o rispondere.

Sulle finali scudetto fra Venezia e Sassari tutti d’accordo. Si gioca in posti dove tutto è stravolto: trombette, afa, palla sapone, rumore, faccine e faccette di gente che magari ha usato l’accetta per fermare il nemico. Vergogna nostra e delle comunità che portano la borsa ai figli per il corso a caro prezzo, che protestano per una canzone, un tema, mai per i calcinacci educativi di una scuola dove puoi trovare giganti come il preside della scuola di Settimo Milanese, niente traduzioni, solo scoperta di se stessi e del mondo dove viviamo e vivono quei poveri cani da slitta, ma dove c’è anche tanto commercio di stupidità.

Queste finali non le dimenticheremo. Prepotenti alla ribalta. Terribili le vedove dei maghetti mandati a casa prima del previsto. Una piccola schiera che impone agli altri il silenzio con frasi tipo queste: mi odiate perché non vi bado, non vi leggo; siete gelosi perché  mi hanno dato tanti soldi per dimostrare che i quattrini non sono tutto e infatti c’è torta per tutti, diciamo gli anni dispari. Disprezzo, ironia da balera senza orchestra Casadei. Cadere nella trappola fa malissimo. Loro minacciano. Attenti che esce un libro. Attenti che domani vi dirò tutta la verità. Improvvisamente un bilancio ristretto ai 25 milioni, con un quinto camperebbero almeno dieci società, ora diventa la miniera d’oro oltre i 30 milioni perché è arrivato Messina che  ha vinto più di chi non sarà mai preso in considerazione fuori dalla porta di casa. Velenosa rosa tricolore, altro che rosa di Damasco dal profumo gentile.

La settimana del Veneto felix: prima la promozione di Treviso in A1 dopo 7 anni, poi la vittoria in gara 5 della Reyer.Prima il bentornato ai nuovi paladini del Pala Verde benettoniano. Grande Vazzoler, stupendo Menetti, anche se nessuno potrà risarcirlo dopo quello che gli hanno fatto a Reggio Emilia: lui due finali scudetto, come diceva Trumbo a quelli della lista nera anticomunista citando i suoi due Oscar sotto falso nome, gli altri retrocessione sfiorata. Con questa Treviso, con Roma e la Fortitudo Bologna la massima serie. Massima? Ma sì, esageriamo, ritroviamo al vertice città e squadre che hanno vinto scudetti, sono state grandi protagoniste in Europa. Adesso aspettiamo chi fa i conti per sapere  se l’anno prossimo ci saranno tutte e 18 o qualcuna meno. Cercasi spioni. Qualcuno sussurra che questo non  ha un soldo, quello è quasi al verde. Insomma solita roba.

Su gara cinque diciamo che De Raffaele ha camminato nella trincea difensiva come quelli di Orizzonti di gloria. Con il leone Vidmar ha  reso infelice il Cooley ormai sfinito. Dando le chiavi del castello a Stone è riuscito a tenere sotto i 70 punti quelli che la poderosa Milano della genialità incompresa non riusciva a  fermare prima dei 90.

Arbitri. Li usano in ogni salsa. Se perdono è colpa loro, se vincono è perché hanno più qualità e smascherano il piangina, il vittimista che è sulla panchina opposta. Per fortuna il Poz parla come mangia, esagerando alla sua maniera, ma ha detto grandi verità, senza riconoscere che in gara cinque il generale di Brugnaro, Casarin & associati (Chi scrisse una volta  irridendo al premio per il presidente di oggi?) gli ha rubato l’anima di chi forse non ce la fa più a reggere certe parti.

Non è detto che non si possa andare anche a gara sette, sempre nella gabbia di Mestre, lo zoo di vetro  dove se non tifi Reyer ti ghettizzano peggio che nella Venezia del Mercante che voleva la sua libbra di carne per estinguere un debito. Ma non è colpa loro, come le grandi navi alla Giudecca. Cercate di capirli o pirloni.

Pagelle prima di andare a sentire Ettore Messina che almeno non pretende di avere intorno al tavolo soltanto la servitù di Armani. Prima bell’8 a Treviso e 9 a Menetti, con 7.5 d’incoraggiamento al Tessitori che sembra l’unico centro presentabile e infatti Sacchetti ci ha puntato in tempi non sospetti perché pure lui come De Raffaele, contrariamente a quello che pensa Tanjevic, crede poco in Biligha. Giratela come volete, ma Azzurra Fremebonda in Cina dovrà inventarsi il falso pivot come il falso nueve di Guardiola. Peccato che gli altri abbiano le mine e gli uomini per venire a vedere cosa teniamo in mano. Sì, certo possiamo fare come in questo mese di sbornia per tutto ciò che è Azzurro nel calcio, gara 5 per la RAI è andata altrove, ma sarà difficile, così come non vediamo il rosa della vita per i mondiali di atletica fuori stagione e non perché abbiamo poca fiducia di Tamberi o Tortu, il più veloce d’Italia, sensazioni. Dunque gara 5 al Taliercio, arena scivolosa, antica, che non migliora anche se hai nostalgia dell’inaugurazione mentre Primo cadeva lentamente.

REYER 7: ben giocata, ben sofferta, mistero Biligha in quintetto e subito fuori. STONE 7.5: il vero guardiano del castello. HAYNES 6: bella partenza, strano arrivo in schiacciata dopo il buio. BRAMOS 6.5: fa tante cose bene, segna anche, ma non è ancora il boia di Trento. VIDMAR 7: la roccia dove  si sfascia la barca  si Pozzecco. TONUT 7: occhi di brace, mano santa, testa lucida. DE NICOLAO 6: fa tutto quello che serve alla squadra, come CERELLA e MAZZOLA. WATT 5: fuori giri, testa perduta altrove. Resta un pezzo pregiato, ma si fa spesso del male. DAYE 8: esce alla grande dopo aver camminato nel tormento, meglio sul rasoio dei 4 falli che nei momenti in cui chiedeva allo specchio chi era il più bravo.

SASSARI 6 per non aver mai alzato bandiera bianca anche se metà squadra era alla frutta. THOMAS 7: tanti punti, spesso tanto rumore per nulla, certo lui ci ha messo quello che ha, non un patrimonio tecnico da superstar. SMITH e MCGEE 4: disastro nelle scelte, nelle percentuali, nei buchi difensivi. COOLEY 5: Vive male queste settimane da orco in mezzo alle povere vispe terese veneziane. Dovrebbe avere in mano una mappa per uscire dal labirinto. SPISSU 7: tutto e di più dal ragazzino che la Virtus farà bene a rimpiangere, magari anche la Nazionale. Ha dentro il fuoco anche quando sbaglia banalmente. CARTER sv: utilizzeremmo di più questo guastatore che sa difendere. MAGRO 6: a domanda risponde. POLONARA 5: a domanda fa un po’ come gli pare.

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