La storiella di Pozzecco

13 Giugno 2019 di Oscar Eleni

Oscar Eleni incatenato alle rocce spaventose della Sierra Nevada  californiana per farsi mangiare il fegato dalla finale scudetto fra Venezia e Sassari che si merita soltanto brevi sui giornali, o presunti tali, non sportivi. Forni indecenti, eppure il presidente della Lega se la rideva.

Lo faceva sugli schermi mentre i 63 sassaresi, gli unici ad aver avuto il biglietto per il Taliercio già marcio vent’anni fa, soffocavano dietro la vergognosa paratia di plastica che impediva loro di inveire o lanciare roba sul campo come i fedelissimi reyerini.

Succederà la stessa cosa a Sassari a parti invertite, ma almeno al Serradimigni se arriveranno tifosi veneziani non verranno ghettizzati, insomma saranno più o meno liberi come la grande appassionata Geppi Cucciari, artista vera, ex cestista, che non si perde una  sfida della Dinamo: c’era contro Milano, al Forum e a  Sassari, ha vissuto il suo tifo, incitando persino Cooley quando sbagliava da sotto, anche sul campo dove vive in esilio la grande Reyer che, per la modestia di 40 mila euro d’incasso a partita, avrebbe fatto bene a traslocare al Pala Verde trevigiano dove un play off lo giocano già per l’A2 e dove sul tetto c’è spazio per altri scudetti dopo quelli Benetton, Sisley e, oggi, di Conegliano donne.

Non siamo stupiti dal risultato di gara due, che riporta in pari la brigata Sardara con la squadra del duo Brugnaro-Casarin. I  peccati Reyer contro Trento e Cremona sono nelle gambe di una squadra che avrebbe bisogno di aria fresca, non dei do forni al Taliercio. Anche Sassari litiga con i palloni saponetta, pecca molto, fugge come in gara uno, ma poi si fa riprendere, rifugge in gara due e, per fortuna del Poz, a cui consigliamo di non insistere con questa storiella rubiniana sull’allenatore che non capendo nulla si affida al buon cuore dei suoi toreri, i guai dell’egoismo ben incarnati da Thomas e, sorprendentemente, da Pierre, sono stati medicati dai due tamburini americani Smith e McGee.

Parità anche nei troppi errori, nelle prove incolori degli assi più attesi. Succede, certo se capita a Bramos allora sono guai per De Raffaele e la sua difesa trappola imparata con Bucci fregato per un nanosecondo dall’ultima Milano di cui si ricorderà davvero la storia. Di quella milionaria venuta molto dopo si saprà soltanto che dopo 150 milioni spesi, cento giocatori tesserati, si è presa tre scudetti, ma difficilmente lascerà una traccia, un giocatore che possa essere ricordato come simbolo, un allenatore che abbia lavorato per qualcosa che si chiama futuro.

Tornando al Taliercio, prima di toglierci il fegato e il dente del  giudizio mai avuto, diciamo che Sassari continua ad essere una squadra amabile,  anche bella in certi momenti, ma si trova al bivio ora che può pensare davvero allo scudetto: amicizia, fratellanza, ideale abbraccio con l’allenatore, però è venuto pure il momento in cui tutti, sì, anche i tre italiani che ci avevano stupito contro Milano, diano il giusto valore al possesso del pallone che non può essere perduto per raid individuali senza speranza.

La stessa cosa per Venezia che non può lasciare ai duri banchi solo una metà della squadra, mentre l’altra usa ancora il piumino. Un peccato che già ci faceva dubitare durante la stagione da zero tituli nelle coppe, un’angoscia che teneva sulle spine il caro amico Andrea Bosco, giornalista di qualità, veneziano di campo San Boldo che non vede l’ora di intingere i baicoli nel vino di Cipro come nell’anno dello scudetto. Ora che abbiamo visto le due facce della Reyer nella corsa scudetto, adesso che sappiamo come può reagire Sassari, non crediamo più che si arriverà alla settima partita. Via di fuga da vili per non fare pronostici? Esatto.

Pagelle prima di rispondere al sempre carissimo Claudio Pea, anche se appariremo ancora una volta patetici a questi nuovi cavalieri della stampa scritta o troppo urlata, certo non abituati a veder volare stracci e macchine per scrivere. Tempi nuovi. Non più belli, perché si stava bene anche nei tempi in cui litigando rispettavamo la cosa più importante: passione.

Dunque pagelle di gara due.

VENEZIA 5: Haynes 4, Stone 5, Bramos non visto, Mazzola 6, Watt 4, De Nicolao 4.5 per troppi risolini senza senso, Vidmar 6.5 nella sua modestia,Tonut 5.5  se va sempre  a testa bassa (Come diceva Liedholm a Pelagalli: ‘Guardi in alto, si guardi in giro’), Cerella 6, Giuri 6.5.

SASSARI 6.5: McGee 7, veleno da ex, Smith 7, ci sorprende sempre, Carter 6.5, Pierre 5, Thomas 4.5 perché come in gara uno ha fatto di tutto per riaprire a favore di Venezia, Cooley 6.5, Spissu 5.5, Gentile 6, Polonara 6, Magro 7 perché nessuno si aspettava che potesse stare in campo come succede misteriosamente a Biligha in casa Reyer.

Voti agli allenatori? Mai. Soltanto a fine lavoro e poi bisognerebbe poterli vedere lavorare davvero e non soltanto quando devono dirigere uomini che diventano ometti in mano alla paura.Il dente dolorante. Claudio Pea sul suo copiatissimo blog, si dirà così, ci accusa di avergli fatto del male. Non è vero. Non gli abbiamo fatto proprio niente, a meno che non sia proibito esprimere opinioni diverse dalle sue, usando la sua stessa ironia. Pianigiani è un buon allenatore, come tanti della sua generazione, ma rispetto ai colleghi ha avuto molto di più. Forse se lo è meritato. Aspettiamo elenco dettagliato dei giocatori che gli devono qualcosa, tecnicamente e come esseri umani. Per il resto ha vinto quando aveva tutto e di più a Siena e poi a Milano. Con la Nazionale è stato nella norma, medio-bassa, al Fenerbahce non sembra aver lasciato gran ricordi, un  titolo con Gerusalemme nel regno Maccabi. Se basta per essere dichiarati sommi merliniani non lo sappiamo. A occhio ci sembra di no.

Sul Sacchetti martire diciamo che non lo abbiamo mai detto, anche perché Marameo, come lo chiama lui, non porge mai l’altra guancia. Di certo la sua vita non deve essere stata facile se è iniziata in un campo profughi. Non facile certo da giocatore cominciando in terre sconsacrate, arrivando in Nazionale dove ha davvero sudato prima che Sales lo eleggesse a Nureyev nei balletti vincenti di Sandro Gamba che non ha mai avuto secondi fini quando considerava senza coraggio e senza generosità l’Olimpia degli ultimi anni, quindi anche quella di Pianigiani. Come allenatore ha preso tante pacche sulle spalle, ma anche qualche esonero prima di trovare Sassari, ma poi, arrivato al triplete, anche quella Dinamo gli è stata tolta di mano. Tutto qui e se ha una colpa vera è quella di non aver camminato sullo stesso sentiero culturale con Boscia Tanjevic. Non per invidia, come potrebbe sembrare, non per timore della grande ombra, ma soltanto perché gli piace essere da solo nelle battaglie. La sua storia dice questo e non lo diciamo per simpatia visto che lui, con noi, e stato spesso più scortese che amabile e ancora adesso vede magliette rosse (inesistenti nel nuovo corso proliano) sotto le nostre camicie e non sa dirci di che colore sarà mai la sua.

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