FCA e Renault, le auto e i risparmi del futuro

3 Giugno 2019 di Furio Fedele

Tutti sanno della vicenda che potrebbe portare a una fusione, o a una partnership, fra Fca, Renault, Nissan e Mistubishi. Per tanti motivi questo matrimonio s’ha da fare, ce lo hanno spiegato in tutte le salse. L’atto definitivo sarebbe previsto entro una settimana, ma non è che Elkann e gli altri lo vengano a raccontare a noi. Quindi proviamo a ragionare.

Partiamo da Fra e Renault. Due colossi dell’auto mondiale che daranno vita a un gigante in grado di essere, sulla carta, più potente e presente del nemico tedesco Volkswagen che raggruppa anche Audi, Skoda, Lamborghini, Seat e Porsche. L’alleanza italo-franco-giapponese coinvolgerà quasi una decina di marchi e relativi modelli.

Fca porterà in dote Fiat, Alfa Romeo, Lancia, Jeep e Maserati. Renault (già padrona da tempo dell’ex-rumena Dacia) sarà affiancata dalle damigelle con gli occhi a mandorla Nissan e Mitsubishi, se non ci saranno troppi ostacoli politici ad un’operazione che dal punto di vista delle partecipazioni azionarie incrociate è più che possibile.

In realtà questa unione ha uno scopo primario e ben preciso: l’espansione globale di Fca e Renault sfruttando soprattutto sinergie logistiche tramite le rispettive concessionarie e i punti vendita. Fca ha bisogno di uno sfogo in Estremo Oriente. Renault & Associati vogliono porre basi più concrete negli Stati Uniti. Del resto quando Fiat partì alla conquista della Chrysler fu per lo stesso motivo: radicare la presenza negli oltre 1.500 concessionari del marchio americano per lanciare, a quei tempi (2014), la 500 e l’Alfa Romeo Mito. Da quella data si sono rivoluzionati gli scenari del mondo dell’auto. Con la Fiat che sta cercando di recuperare il terreno perduto sui due fronti principali (ibrido ed elettrico) con la conseguente retromarcia sul diesel. Una motorizzazione che da quest’anno non è più disponibile sui modelli di bassa gamma (Panda, 500…).

Cosa succederà, dunque? La fusione Fca-Renault evidentemente comporterà un riequilibrio delle forze in campo. Appare inevitabile una sovrapposizione di alcuni modelli. Basti pensare a Suv e fuoristrada, dove Nissan e Jeep si contengono numerosi segmenti e importanti porzioni di mercato. Utenti e acquirenti, quindi, entrando in una sola concessionaria (anche in Italia…), potranno scegliere fra una vasta gamma di prodotti dove, in realtà, di diverso ci sarà solo l’estetica. Ormai la globalizzazione è tale per cui pianali e motorizzazioni sono identiche, le stesse per modelli apparentemente molto differenti fra di loro. Un esempio? La Fiat 500X e la Jeep Renegade hanno la stessa base di partenza con il pianale (dove poi viene montata la scocca) in comune.

Ma al di là dei segmenti di mercato, l’idea è che a livello globale l’unione faccia la forza. A maggior ragione nella ricerca e nello sviluppo di nuovi fonti di energia. Ma non solo. La guerra dei dazi di Trump nei confronti dell’Europa coinvolge anche il mercato dell’auto e potrebbe diventare un problema se venisse affrontato singolarmente senza una poderosa forza d’urto. La produzione automobilistica a stelle e strisce nell’ultimo ventennio ha dovuto drasticamente cambiare usi e costumi riducendo dimensioni e potenze di auto ormai fuori moda, nonostante il prezzo della benzina negli States non sia mai stato un problema. 

Probabilmente il gigantismo di queste fusioni porterà a rivoluzioni anche per quanto riguarda le strutture delle concessionarie. Ci sono già degli esempi (la Renord di viale Fulvio Testi a Milano, per Renault e Nissan) dove l’officina è stata alloggiata in una palazzina completamente distaccata dalla struttura destinata all’esposizione e alla vendita. Del resto nei grandi centri urbani c’è sempre meno spazio per strutture ad alto impatto ambientale. L’occasione diventa propizia per ampliare e rinnovare con investimenti che portano, a breve-medio termine, benefici più che concreti.

Uno dei primi passi del colosso Fca-Renault, stando a quanto filtra o lasciato filtrare, potrebbe essere lo studio e la realizzazione di una city-car (ovviamente elettrica) che possa prosperare nei centri urbani che ormai stanno diventando off-limits. A Milano è già in atto una completa rivoluzione del centro storico con la creazione di nuove aree pedonali e l’interdizione al traffico dei veicoli più inquinanti e ingombranti. Un terreno di conquista è rappresentato anche dal car-sharing dove Fiat è già presente con la 500 (a propulsione termica) mentre Renault non ha completamente convinto con la Twizy. Un quadriciclo (coperto) a due posti (quello per il passeggero non molto comodo…) che merita di essere sviluppato e perfezionato. Su questo fronte va segnalata la Zoe (un ibrido fra Clio e Twingo) che offre già un’autonomia di tutto rispetto (300 chilometri).    

In sintesi: la fusione, o partnership che sia, porterà a notevoli economie di scala soprattutto per quanto riguarda ricerca e sviluppo. Per quanto riguarda i modelli, invece, il rischio di cannibalizzazione è alto e probabilmente quasi ogni marchio dovrà rinunciare a qualcosa, puntando sulle sue eccellenze. Ci sembrano tutte buone notizie per il guidatore-consumatore, visto che lo scenario della mono-auto è ancora lontano.

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