De Gregori e la musica di merda delle radio

18 Giugno 2019 di Indiscreto

Le radio italiane trasmettono soltanto musica di merda? La nostra impressione di automobilisti è stata supportata dalla considerazione fatta da Francesco De Gregori durante il concerto alla Terme di Caracalla, quando ha detto che le sue Sempre per sempre e Pezzi di vetro, canzoni certo non di nicchia, non siano mai state in vetta alla classifica per colpa delle radio che trasmettono, appunto, “Solo musica di merda”.

Una posizione che in altri tempi avrebbe generato reazioni fortissime, ma che abbiamo visto ripresa soltanto sul Fatto Quotidiano e pochi siti. Di sicuro la considerazione di De Gregori, cantautore mai stato snob o forse più snob degli snob (solo così si possono spiegare la sue apparizioni ad X-Factor, da Carlo Conti e Maria De Filippi) non avrà fatto piacere a chi è nelle classifiche, come i rapper-trapper che dominano lo streaming o qualche invenzione da produttori alla Takagi & Ketra.

Detto che ci sono tante radio specializzate, in modo da ridurre il mainstream almeno al mainstream del proprio genere preferito, è evidente che le radio da grandi ascolti (Radio Dee Jay, RDS, Radio Italia, RTL 102.5 e poche altre) debbano seguire logiche commerciali, diversamente chiuderebbero in un mese. Ma il punto è proprio questo: come è possibile che artisti che riempiono i palasport come De Gregori e soprattutto che vendono dischi anche nel 2019 siano meno commerciali del tatuato finto maledetto o del vincitore di talent che non riesce a fare esauriti nemmeno in discoteche minuscole? In altre parole, questi fenomeni ‘commerciali’ se sono così commerciali (cosa che per noi è un grande pregio) come mai vendono pochi biglietti di concerti e pochi dischi-download, primeggiando solo nelle briciole dello streaming e nella programmazione delle radio?

Mentre scriviamo queste righe, i primi italiani nella Top Italy di Deezer sono Takagi & Ketra, Omi e Giusy (Ferreri), Sfera Ebbasta, J-AX, Gemitaiz, i BoomDaBash, Benjii e Fede, Elettra Lamborghini, Alessandra Amoroso, Coez, Salmo… solo per rimanere nella Top 20. Qualcuno ha un seguito live, qualcuno no. Ma certo è che le radio, anche quando non devono promuovere cantanti della propria etichetta discografica, si uniformano a un gusto medio che nemmeno ha tutto questo potenziale di vendita. Perché nella maggior parte dei casi non si parla di Elisa o dei The Giornalisti, ma di gente che al di fuori delle rotazioni delle radio non esiste. E per quanto riguarda le scelte sugli stranieri l’omologazione è ancora più forte: un’alternanza vomitevole di ballad, gridolini pseudo-soul e spazzatura latina.

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