Questione di luccicanza

27 Maggio 2019 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dal lago St.Mary, Montana, anche se nel libro era Colorado, dove hanno girato gli esterni di Shining, l’horror superbo di Kubrick che cercava di rifarsi delle amarezze critiche e di botteghino dopo lo stupendo Barry Lindon. Caro Stanley, dopo l’ultima Cannes sarebbero con te Bellocchio e Almodovar.

Siamo andati a cercare la luccicanza che tormentava il figlio di Jack Nicholson, Torrance, lo scrittore inaridito, nelle sale deserte di quell’albergo isolato fra tempeste di neve. Come quel bimbo anche noi abbiamo cercato nell’amico immaginario che ci portiamo dentro, gelosi di quella luccicanza che faceva vedere presente, passato e futuro e troppe morti ora che siamo più tristi senza Vittorio Zucconi anche se a Sydney ci compativa per come l’Italia si faceva sculacciare dagli USA.

Sguardi da decodificare. Come quelli di Federica Pellegrini dopo la sciabolata dell’ex amoruccio Magnini che, lamentandosi per la solidarietà mancata, ha intanto lasciato intendere che pure  la divina andava dal Porcellini nutrizionalista oltre la dieta. Gli stessi occhi che deve aver avuto Spalletti davanti a chi gli chiedeva se all’Inter gli sarebbero almeno stati riconoscenti per la conquista della qualificazione Champions. O magari Gattuso davanti agli interrogativi del nuovo fiduciario della proprietà rossonera che intanto liquida il passato milanista. Certo la luccicanza è mancata a chi credeva che Rudic non avrebbe vinto ancora adesso che festeggia il tricolore della pallanuoto con Recco. Non devono avere avuto un bella faccia quei giocatori di basket che sono andati a chiedere perché un pallavolista come Zaytsev può guadagnare il doppio di molti che erano convinti di averci preso per il naso.

Facce strane fra i vicini e chi non credeva che le elezioni potessero andare così, mentre Dante  prepara un girone per chi  finge di non capire. Cara gente dateci un rosario, magari crederanno anche a noi che abbiamo visto una strana luccicanza negli occhi di Pianigiani prima di gara quattro con Avellino che secondo gli evangelisti della nobile contrada avrebbe portato la rivoluzione nella casa Armani che a Tokyo ha ritrovato, nel cuore di Ginza, la luce che cercava dentro se stesso dopo aver frequentato troppo mondi senza stile. Certo non c’è più il tetto di un tempo, né il mutuo consenso all’interno della famiglia, ma dovrete ammettere che questo tre a due contro Avellino, questa povera Avellino, la più tormentata del basket di oggi, ci ha detto quello che saggiamente ricorda il Curierun: l’unica vera rivale di Milano è Milano stessa.

 Non girateci intorno, non inventiamoci imprese come chi urla sapendo di  mentire,  la Milano pur senza James non poteva davvero farsi eliminare da Avellino. Quelli, i lupi, ne hanno viste davvero di tutti i colori: crisi economica, infortuni a catena. Certo non avendo gli stessi diabboli protettori si sono visti trattare male per gara 5 al Forum dove l’ex Nunnally usava il curaro per amanti perdute. Persino Maffezzoli, un esordiente che ha fatto il capolavoro, play off prima e poi la serie con Milano condotta anche 2 a 1, è stato maltrattato, ma di certo prende schiaffi nel bosco, come direbbe il Magrini vate del ciclismo di Eurosport, per colpa del Sacchetti che lo ha scelto come assistente. Fateli giocare voi quelli della Sidigas, da Young ad uno sfiancato Filloy,  tenetela in vita voi contro il colosso Milano una squadra che al settimo uomo è già in debito e che delusione questo Silins. Voto alla stagione dei lupi 6.5, stimavamo l’allenatore  slavo della Nuova zelanda, ci ha colpito questo piccolo lord che si tiene in tasca ghiaccio caldo.

Luccicanza che farà tremare le seggiole nel board europeo della FIBA quando Vrankovic e Glouchkov troveranno Bertea, il valoroso segretario federale, al posto del Meneghin che ormai vive in area CIO a Losanna. Perché valoroso? Be’, resistere alla tensioni mondiali del presidente deve essere durissima.

Sguardi nel vuoto per Marzorati che è stato onorato di più dal ciclismo al Giro, con la fondazione Casartelli, di quando facciano in Italia quelli che lo temono appena bussa alla porta, che siano il Coni o la FIP, per non parlare della Cantù che invece di ringraziare Brienza pensa di sostituirlo. A proposito di luccicanza, che dire del trattamento riservato a Roglic in questo Giro che “deve“ vincere Nibali, anche se l’oste adesso  è uno dell’Ecuador che non  si scompone se lo attaccano. Allo sloveno prima  il trattamento del sospetto doping, poi quello che non tirava mai, certo non aveva compagni ad aiutarlo, ma insomma. Ipocrisie nazionalistiche al passo coi tempi, altro che  Europa e sport dove si applaude il campione, non la nazionalità. Balle cosmiche dal Mortirolo al Tourmalet, per finire a Covadonga.

Luccicanza per la  ragazza arbitro di calcio che si è trovata davanti il ragazzino con le braghe abbassate per scherno mentre i genitori sulle tribune la insultavano. Stessa tribù dei razzisti di famiglia. Mentre il paese si strugge aspettando di sapere chi prenderà il posto di Allegri ora che la TAV, dicono, potrebbe ripartire, il basket arruolato con tutti i suoi capataz nella seconda versione del film Così si ammazzano anche i cavalli va avanti spedito verso le semifinali giocando ogni due giorni.

Noi, ormai vecchi e con cali di vista, abbiamo persino sbagliato la cadenza delle semifinali facendole iniziare un giorno prima. Calma. Milano andrà contro Sassari dal 29 e Cremona il giorno dopo contro la vincente del più inquietante quarto di finale mai visto, quello dove  Venezia ha faticato a fare 60 punti contro Trento dove, clamoroso a dirsi, decideranno solanto a bocce ferme sull’allenatore dei miracoli, quello che è andato ai play off pur avendo in squadra americani bolliti, stranieri di mezza tacca, italiani sperduti nelle valli, cominciando da Pascolo per finire a Flaccadori. Il basket altro sport, cara gente, imita e supera persino il calcio dove a Firenze adesso avranno una luccicanza diversa avendo perso i medicei Della Valle e trovato un italiano arricchito in America con le televisioni. Tempo una settimana e poi via col rogo.

Dicevamo dei play off che entrano nelle semifinali e allora onore a chi ha lasciato il campo battendosi al meglio, se così si può dire perché acidi e bave hanno spesso offuscato anche giocatori normalmente bravi.

BRINDISI 8  per la stagione, VITUCCI 9 per come ha valorizzato una squadra dove la reinvenzione di  MORASCHINI (7) è stata davvero importante. 8 anche a Marino e al premiato Giofrè per come è stata diretta la squadra, convinti che negli acquisti tutti quelli che contano abbiano potuto dire la loro. 8 alla passione del pubblico, 4 alla giunta comunale che promette un nuovo palazzo da troppo tempo per essere creduta. 9 se verrà rinnovato Chappell, ma anche gli altri, da Banks a Brown, per non parlare di grinta Gaffney, meritano.

TRIESTE 8 per averci stupito sul campo e per come ha reagito  alla tragedia fuori dalle linee. 8 per DALMASSON che ha davvero sfiorato l’impresa, che ha lavorato per la società in povertà e in finta ricchezza. 7  al DA ROS che, lo confessiamo, pensavamo sopravalutato già in A2. 10 al pubblico del Pala Rubini, a parte il sindaco dagli stimoli forti, 7 persino a Dragic per il finale, anche se ha saltato la partita chiave, 8 a Cavaliero che rappresenta la vera triestinità. 7 anche a chi ha scelto gli stranieri tutti dedicati alla causa di una bella squadra. 0 a chi insiste nel chiamare il campo triestino citando lo sponsor e non il campione  a cui è dedicato, piaggeria degna di migliori sforzi. Doppio 0 se la città non troverà le forze per stare in A.

Alla domanda se esista differenza fra il 3 a 0 di  Sassari a Brindisi e il 3 a 2 di Milano su Avellino diciamo che il Poz ha sorpreso davvero, così come la brutta Milano che abbiamo visto. Adesso incrociano le lame. Se dicessimo vinca il migliore tutti penserebbero giustamente a Milano, non perché gioca meglio, ma perché ha molte armi in più della sua nemica che pure in passato l’ha fatta piangere. Se usassimo la formula  di cortesia fra veri sportivi sentiremmo il Pozz vestito da Nereo Rocco: speremo de no.

AVELLINO globale 7.5 a MAFFEZZOLI, tutto il resto è stato caos gestito al meglio, ma una vera sofferenza e spesso l’incasso , mai il pienone, è stato decurtato dalle multe. 5 globale agli stranieri, 6 a Campogrande.

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