L’Arsenal di Gazidis

30 Maggio 2019 di Indiscreto

L’Arsenal che nella finale di Europa League è stato asfaltato dal Chelsea di Sarri, dopo un comunque discreto primo tempo, è molto meglio di come sia sembrato a chi magari in questa stagione lo ha visto giocare solo una volta e si è dimenticato di come abbia scherzato con il Napoli nei quarti o con il Valencia in semifinale.

Con lo stesso Chelsea, in Premier League, ha disputato due partite super ed alla fine in campionato è arrivato quinto, a un punto dalla qualificazione in Champions League. Qualcuno potrebbe avere la tentazione di fare paragoni con il Milan, ma in realtà gli unici punti di contatto sono Ivan Gazidis e il gazidismo.

Il manager sudafricano, attualmente in discussione al Milan (per quello che si sa, ha più bisogno lui di Maldini di quanto Maldini ne abbia di lui), è stato infatti il migliore interprete del cosiddetto modello Arsenal, nei suoi nove anni al timone dei Gunners. E la squadra attuale è assolutamente figlia della sua filosofia finanziaria e sportiva (da qui le dimissioni di Leonardo), evidentemente apprezzata dalla proprietà. Filosofia che non si riduce alla mitica ‘politica dei giovani’, che dominava nelle cronache di calciomercato dei nostri anni Settanta, ma si allarga ad un player trading che di solito risparmia la difesa (e infatti molti dei più vecchi sono lì) e non disdegna colpi per i nostri parametri costosi. Nel 2017 Aubameyang fu pagato 65 milioni al Borussia Dortmund e Lacazette 68 al Lione… 

Ma il player trading funziona? In teoria sì sì, ma in pratica facciamo fatica a ricordare tante cessioni lucrose dell’Arsenal negli ultimi anni: Oxlade-Chamberlain, Alexis Sanchez, Giroud e pochi altri, comunque a cifre nemmeno paragonabili a quelle dei grandi acquisti.

Qual è dunque il problema? Che i manager alla Gazidis potrebbero guidare l’Arsenal come il Milan, il Siviglia come l’Hoffenheim: a tutte le realtà applicano le loro ricette globali, con il risultato di proporre squadre senza alcuna identità, dove tutti sono di passaggio. Anzi, se vogliamo l’Arsenal di identità ne ha anche più di tante squadre italiane, che giocatori fatti in casa come Maitland-Niles e Iwobi se li sognano. Certo le migliaia di tifosi che sono andate a Baku non rispondevano all’identikit del cliente-turista che pare il futuro, e quindi il problema è solo nostro che vediamo ormai poca differenza fra la realtà e la Playstation.

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