Come Marotta ha distrutto l’Inter

20 Maggio 2019 di Stefano Olivari

L’Inter dopo la disfatta di Napoli deve di nuovo conquistare la qualificazione alla Champions League all’ultima giornata. Certo battere l’Empoli a San Siro sembra più facile che battere la Lazio all’Olimpico, ma il fallimento è comunque dietro l’angolo. Una situazione che ha tanti colpevoli, fra i quali un insospettabile: Giuseppe Marotta.

Che è diventato amministratore delegato dell’Inter lo scorso 13 dicembre, ma ha iniziato a lavorare per il club neroazzurro un mese prima, almeno dall’incontro avuto a Nanchino con Zhang padre. In quel momento l’Inter era seconda in classifica in serie A ma soprattutto ben dentro una Champions League iniziata senza troppi sogni.

 
Per passare il turno, ai danni della futura finalista, le sarebbe bastato pareggiare con il Tottenham il 28 novembre oppure (ma questo solo con il senno di poi) battere il PSV Eindhoven a San Siro. Partite che furono giocate, come quelle del resto della stagione, con la consapevolezza da parte di tutti che l’Inter 2019-2020 sarebbe stata diversa, a partire dall’allenatore. Che da quell’epoca lo spogliatoio dell’Inter non sia più stato lo stesso è evidente.
 
Il resto è storia di oggi, con questa squadra che può arrivare in Champions League grazie ai fallimenti di pari grado come Milan e Roma ma che negli ultimi cinque mesi si è palesemente trascinata, quasi auto-traghettata, verso un futuro che riguarderà pochi degli attuali componenti della rosa, mentre Spalletti telefonava a vari addetti ai lavori per sapere cosa Marotta pensasse realmente di lui.

Cambiare un dirigente importante nella prima metà della stagione è una stupidaggine che quasi nessuno fa, qui le colpe sono quasi tutte degli Zhang: Marotta avrebbe potuto al massimo suggerire di aspettare qualche mese, evidentemente la voglia di dimostrare ad Andrea Agnelli di non essere bollito era enorme.

Ma anche con la testa al futuro e senza i punti scippati da Abisso a Firenze l’Inter sarebbe adesso tranquillamente in Champions League, se Marotta non avesse voluto gestire a modo suo la vicenda Icardi, trasformata con la parziale connivenza di Spalletti da normale scazzo di spogliatoio a questione di stato, con la degradazione da capitano a reietto. Una mossa accettabile in una squadra gestita da un giornalista, da un web developer o da un salumiere, ma non da parte di Marotta che da Varese ai giorni nostri ha visto e vissuto spogliatoi di tutti i livelli.

Non c’è bisogno di Allegri o Adani per intuire quanto abbiano pesato i gol segnati da Icardi negli ultimi anni e come sia impossibile rimanere ad alto livello senza il suo centravanti titolare (tornato poi in condizioni impresentabili e con un atteggiamento da partente) e con sostituti infortunati o di valore nettamente inferiore a Pavoletti o Caputo.

Al di là del caso Icardi, Marotta ha iniziato troppo presto ad impostare l’Inter di Conte, con Conte che rimane il finale probabile ma non ancora sicuro. Se arriverà invece un allenatore che non pratica la difesa a tre, cosa ne sarà del contratto da 13 milioni lordi a stagione, fino al 2022, per Godin? Una triste riedizione dell’operazione Vidic. Gente con un grande passato, come Marotta.

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