Berlusconi morto, Cairo e Renzi vivi

5 Maggio 2019 di Stefano Olivari

Silvio Berlusconi è morto, politicamente ma non ancora biologicamente. L’intervento a cui è stato sottoposto per occlusione intestinale, al San Raffaele, dovrebbe consentirgli di tornare in pista prima delle Europee ma in fondo è meglio che si riposi visto che pare impossibile evitare un tracollo di Forza Italia ben sotto il 14% delle ultime Politiche.

Dispiace dirlo, perché stiamo parlando di un uomo di quasi 83 anni che si è quasi sempre occupato degli affari suoi anche durante la vita politica, ma Berlusconi è l’unica opzione per un’Italia che detesti l’estremismo di destra e di sinistra, lo statalismo declinato in varie forme dai Cinque Stelle, le parti sociali santificate dal PD, il micropartitismo da intelligentoni.

Lo diciamo ovviamente con amarezza, visto che i giornalisti nel suo caso lo hanno spesso attaccato per le stupidaggini e non per le cose di sostanza. Anche quelli sportivi: quanti pensosi editoriali sulla sua maleducazione (inesistente, era un suo diritto) nel dettare le formazioni ad Ancelotti, quanto silenzio sulla modalità con cui ha venduto il Milan. Certo per gli economisti CEPU, quelli dello stadio di proprietà e del merchandising asiatico, è normale che un cinese senza arte né parte preferisca perdere 500 milioni che trovare un ulteriore prestito per un aumento di capitale da 32…

Fatto sta che dopo il 26 maggio l’Italia liberale si troverà di fatto senza rappresentanza in Europa, nemmeno con un europeismo scettico come quello rappresentato da Forza Italia. Le domande da farsi sono adesso due. La prima: quanto vale elettoralmente questa Italia, al di là del fatto che sia ridicolo che nel 2019 sia ancora rappresentata da Berlusconi? La seconda: chi dopo Berlusconi proverà a mettere insieme quella che secondo noi è l’Italia migliore, quella che per forma mentale non scende in piazza nemmeno per difendere i propri interessi?

La risposta alla prima domanda è complicata, perché tutti a parole si dicono liberali anche se poi nella sostanza boicottano qualsiasi elemento di reale competizione. Senza fare esempi lontani, basti pensare alla situazione di Alitalia: un’azienda che dovrebbe fallire domani mattina, con i sussidi a chi ha perso il lavoro (magari non per sempre, visto che altri entrerebbero sul mercato e assumerebbero) che costerebbero allo Stato molto meno della discesa forzata in campo di Ferrovie e Tesoro, senza contare la porcheria del perdono ai Benetton per la tragedia del ponte Morandi. A suo tempo Berlusconi non si comportò diversamente dai politici di oggi, con i capitani coraggiosi e tutto il resto, stiamo quando parlando di un liberalismo-liberismo puramente teorico. Ecco, anche oggi manca un partito che dica che il carrozzone Alitalia debba fallire. E domani?

La risposta alla seconda domanda è desumibile da tanti movimenti all’interno dei media. Urbano Cairo sta per scendere in campo: pur essendo sprovvisto di una visione di fondo, ha giornali, televisioni, relativamente pochi scheletri nell’armadio. Lo farà sulle ceneri (politiche) di Berlusconi, che qualche mese fa ha provato per l’ultima volta a coinvolgerlo in un nebuloso progetto post-Forza Italia. Ma il post Forza Italia non esisterà mai, con la morte di Berlusconi finirà tutto. Che la discesa in campo di Cairo sia da frontman o da tessera numero uno, come fu De Benedetti, del nuovo ipotetico e al momento inesistente partito di Renzi, è ancora da vedere.

Di certo i voti saranno drenati alla parte più avanzata del PD (il PD del Nord di cui ha sempre parlato Cacciari), ai leghisti in libera uscita da Forza Italia e a qualche partito di opinione come Più Europa. Mentre dall’altra parte ci sarà una sinistra con un senso, una parte ‘perbene’ rappresentata dal PD e una movimentista a Cinque Stelle. Un’incognita la Lega, visto la destra nazionale è una strada senza ritorno e che chiunque annusi l’aria in Veneto (ma anche in Lombardia) sa che sta nascendo qualcosa di molto simile alla vecchia Lega. Nessuno, proprio nessuno, vuole africani disperati sotto casa (anche se il vero rischio, che sarà compreso troppo tardi, sono i musulmani in giacca e cravatta), ma a partire da questo assunto la politica è anche altro. Conclusione? Nessuna, non dobbiamo vendervi niente di diverso da un click.

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