Vivreste di fronte a un campo Rom?

10 Aprile 2019 di Indiscreto

I fatti di Torre Maura e di altre parti d’Italia hanno origini e sviluppi diversi, ma un denominatore comune: le persone che abitano di fronte a un insediamento di Rom, più o meno definitivo e assistito da enti pubblici, non si sentono tranquille. Al netto della strumentalizzazione politica, fra professionisti del buonismo e Casa Pound, questa è una realtà che non nasce nell’era Lega-Cinque Stelle ma che esiste da decenni. Diciamo decenni solo per memoria personale, visto che già negli anni Settanta nostra nonna viveva barricata in casa avendo a cinquanta metri di distanza (bastava attraversare quella strada di Rho, provincia di Milano) esatti un campo di zingari, allora si chiamavano così, praticamente fisso in una fabbrica abbandonata della Montecatini (che nel 1966 si era fusa con la Edison, facendo nascere la Montedison).

Zingari che senza particolari violenze, almeno noi non ce ne ricordiamo, depredavano qualsiasi casa nel raggio di un chilometro con i trucchi più diversi e utilizzando senza problemi donne e minori. A dirla tutta, utilizzavano soprattutto donne e minori. Senza contare paure con radici ancestrali, come quella del rapimento dei bambini: la statistica dice che si tratta di una leggenda metropolitana, ma la gente reale non aveva e non ha sottomano i dati del Viminale. Più frequente il rapimento di animali, per rivendita o accattonaggio. Il campo era piccolo, una decina di famiglie ci pare di Calderari (quindi originari dell’Est Europa), e meno degradato di quelli che vediamo oggi: il capofamiglia aveva una Mercedes beige che ci ricordiamo enorme.

Come risolse il problema la bella politica di una volta, quella dei Forlani e dei Berlinguer che i giornalisti, magari con casa in centro ad affitto agevolato, rimpiangono? Gli zingari furono spostati da altre parti: qualcuno a Figino, qualcuno in via Novara, altri chissà dove. Forse si sarebbero trasformati in ingegneri, panettieri, insegnanti, baristi, astronauti: non lo sappiamo perché loro e i loro discendenti li avremmo poi visti soltanto ben protetti dalle nostre auto, slalomeggiando fra trans, guardoni e fruttivendoli abusivi.

Cosa vogliamo dire? Avendoli osservati da vicino per anni mentre fingevamo di fare i compiti, non pensiamo che gli zingari siano ‘peggio’ di altri gruppi etnici o culturali non integrati nella nostra società, però anche nelle persone meglio disposte suscitano paure che non suscitano lo spacciatore algerino, il magnaccia moldavo, il violento salvadoregno, eccetera, i cui codici di comportamento disprezziamo ma in qualche modo comprendiamo. Di concreto, siccome la vita è adesso, rimane la domanda: voi vivreste di fronte a un campo Rom? Per favore, sì o no. Non dite che la risposta deve essere culturale: è ovvio, con la repressione pura non si va mai da alcuna parte, ma stiamo parlando del presente.

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