Havlicek stole the ball

27 Aprile 2019 di Stefano Olivari

John Havlicek stole the ball: quante volte abbiamo sentito la leggendaria, quanto banale, frase di Johnny Most? John Havlicek è morto a 79 anni e tutti gli appassionati di pallacanestro sanno chi sia stato questa leggenda dei Celtics, vincitore di 8 titoli NBA in 16 anni di carriera tutti vissuti da protagonista.

Fra i Celtics 1962-63, allenati da Red Auerbach e guidati da Bob Cousy, con Bill Russell leader, e quelli del titolo 1975-76 allenati da Tom Heinsohn (che in versione vacanziera avremmo visto per sei partite alla Pallacanestro Milano nel 1979) con Jo Jo White stella e Dave Cowens uomo decisivo, insieme a Wes Unseld archetipo dei centri undersized, si può dire che il principale punto di contatto fosse proprio Havlicek. 

Bianco di 1,95 ma grandissimo atleta e grande difensore, diventato nel corso della carriera anche eccellente attaccante, Havlicek come icona pop è legato appunto a quella gara 7 delle finali Est della NBA del 1965 contro i Philadelphia 76ers dove la stella è Wilt Chamberlain, arrivato da pochi mesi. Sempre rispettato il fattore campo, per arrivare a quel 3-3. Ma quella sera al Boston Garden la partita è tiratissima, con i Celtics una volta tanto con il braccino, tenuti in piedi soltanto da Havlicek e Sam Jones. Il quarto quarto viene letteralmente dominato da Chamberlain ed è una fortuna che ogni tanto NBA TV lo riproponga: suo anche il canestro del 110-109 per i Celtics, una schiacciata con i difensori a distanza per non fare anche fallo, con 5 secondi ancora sul cronometro e quindi un punto da recuperare per i Sixers. Rimessa di Russell, che prova il lancio lungo ma non si accorge di essere proprio sotto uno dei fili attaccati al sostegno del tabellone. Il pallone finisce sul filo e la rimessa viene invertita, per la disperazione di tutti i Celtics.

A questo punto vanno a rimettere i Sixers, proprio sotto il canestro dove dovrebbero segnare i due punti della finale. La rimessa tocca ad Hal Greer, che ovviamente guarda Chamberlain. Russell però gli sta incollato come non mai, dei cinque secondi per non fare infrazione ne sono passati quattro e Greer deve cambiare opzione: Chet Walker sembra avere Havlicek a discreta distanza, ma Havlicek sa (o almeno così racconterà nell’era della mitizzazione) che Greer cercherà Walker. Il passaggio non è neanche male, ma Havlicek con un guizzo riesce a deviare il pallone verso Jones, che va in fuga e ripassa ad Havlicek, che con presenza di spirito scaglia un missile che ricade sul terreno di gioco dopo due secondi, a partita finita. Il resto lo fa Most: “Havlicek steals it! Over to Sam Jones! Havlicek stole the ball! It’s all over! Johnny Havlicek stole the ball!!”.

Fuori dalla retorica del nerd da storytelling e da Buffa dei poveri bisogna chiedersi come mai una gran giocata difensiva, ma come un miliardo di altre, fatta in un momento decisivo di una gara 7, ma come tante altre (dalle vette di Jordan-Malone in giù), e televista soltanto in America in un’epoca in cui la NBA era relativamente poco seguita (come del resto oggi, in rapporto al football), sia diventata per molti LA giocata iconica. Dal punto di vista dei Celtics la ragione è chiara: in un mondo che celebra le prodezze offensive, il marchio dei Celtics è quello di una zampata difensiva. Insomma, noi siamo i Celtics. Ed in termini di marketing è comprensibile l’affetto della NBA per questa giocata: intanto Havlicek era bianco, quindi l’ideale per dimostrare che questa lega non era solo una cosa da neri (fra l’altro, come detto, era un atleta super), poi non era la stella della squadra ma l’anima della squadra, facendo scattare quindi di più l’identificazione, infine (ed è secondo noi la ragione principale) le parole del telecronista entrarono subito nella cultura pop. I media e ai giornalisti, che amano soprattutto parlare di sé stessi, avevano trovato la loro giocata, così diversa dai tanti ‘The Shot’ che hanno fatto la storia di questo meraviglioso sport. Che poi la giocata l’avesse fatta un fuoriclasse vero come Havlicek è un dettaglio.

Significativo è che Johnny Most non fosse un maestro di giornalismo, anzi: era il radiocronista ufficiale dei Celtics ed era considerato troppo di parte anche per i parametri di un telecronista di parte. Suo rivale nel micromondo del giornalismo embedded era il molto più famoso Chick Hearn, il suo omologo ai Lakers, non più critico verso la squadra della casa ma molto più fantasioso e breriano, visto che molti americanismi (Airball, garbage time, slam dunk i più famosi) che usiamo per raccontare il gioco vengono da sue trovate. Però Most ha legato la sua vita ad un’azione e forse fra cento anni qualcuno si ricorderà più di lui che del suo rivale.

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