Guidolin e il ritmo di Milan-Lazio

14 Aprile 2019 di Vincenzo Matrone

Milan-Lazio, tanti rigori discussi e poco ritmo. Ma partiamo dall’inizio, anzi da molto prima. Di solito ci rechiamo a San Siro due o tre ore prima della partita, non solo in omaggio ai vecchi tempi in cui arrivare due ore prima della partita (cioè di solito alle 12 e 30) era obbligatorio. In sala stampa si scambiano pareri, opinioni e saluti con i colleghi, intercettando sempre qualcosa che i giornalisti non possono o non vogliono dire e scrivere. Prima di Milan-Lazio abbiamo avuto la fortuna di vedere quasi tutta Roma-Udinese vicino al gentilissimo mister Guidolin, lì per fare la seconda voce di Pardo nella telecronaca di Dazn.

Avremmo dovuto farci i fatti i nostri, invece abbiamo aperto la bocca: “Mister, ma è colpa del mio televisore o quando vedo le Coppe con le squadre straniere sembrano andare tutte al doppio della velocità di quelle italiane, anche se intervistando i preparatori atletici italiani quesi dicono che non è vero e che sono luoghi comuni?”. Guidolin: “No no, stai sereno che la tua tv va benissimo, molte squadre italiane giocano a ritmi bassi“. Ancora: “Mister, hai letto la Gazzetta? Allegri sta pensando di usare il prossimo anno un metodo che utilizzano anche in altri sport, un allenatore per la difesa, uno per il controcampo e uno per l’attacco“. Guidolin: “Non la vedo una soluzione semplice, gli allenatori vedono ombre e sospetti ovunque. A me piacerebbe un direttore della tecnica, una figura che ancora non esiste“.

Ecco, in Milan-Lazio di ritmo se ne è visto pochissimo, quanto alla tecnica… Va be’. Tra una parola e l’altra è arrivata l’ora della partita, giocata dinanzi a 61.218 spettatori. Più di quanti entrerebbero nel fantomatico nuovo impianto che molti giornalisti vedono come obbligatorio. Il Milan scende in campo con il 4-3-3, stessi uomini e modulo di Torino, e affronta l’abituale il 3-5-2 della Lazio. Oltre le differenze tattiche, tra le due squadre c’è una evidentemente diversa filosofia di calcio: la Lazio cerca sempre di verticalizzare, sfruttando gli scatti di Immobile e quelli (un po’ meno) di Correa, il Milan invece tesse una ragnatela di passaggi che per tutto il primo tempo e l’inizio del secondo sembrano lenti e sterili. Piatek quel poco che nasce prova a trasformarlo in oro, ma quel poco è in realtà pochissimo.

Al 66’ la svolta della partita: Gattuso prova ad alzare i ritmi e lo fa inserendo Laxalt al posto di Calabria, passando al 3-4-3. Il Milan coglie di sorpresa una Lazio stanca, che fino a lì ha giocato meglio ma senza trovare il gol. Come spesso capita nel calcio, è un episodio, un rigore, a decidere la partita. Per i canoni di oggi quello del Milan era netto e sempre per i canoni di oggi è incredibile che Rocchi non sia andato almeno a rivedersi al VAR l’intervento di Rodriguez su Milinkovic, davvero in un territorio di confine. Nella memoria rimarranno anche gli stupidi festeggiamenti di Kessie e Bakayoko con la maglia di Acerbi, stigmatizzati giustamente da Gattuso, episodio che dice molto sul calcio di oggi e sul perché il pubblico rossonero si ritrovi più in Gattuso che in alcuni giocatori, pur decisivi. Alla fine i tifosi rossoneri escono da San Siro sognando la Champions, dove la strada si può fare con i giocatori forti (Juventus) o con un ritmo superiore al tran tran italiano. Al di là di quanto accadrà a Nyon, più facile che questo Milan migliori il ritmo. Rimane valida la domanda a Guidolin: perché si gioca così piano?

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