Sanremo 2019, Mahmood è l’ultimo colpo delle élite

10 Febbraio 2019 di Stefano Olivari

La vittoria di Mahmood nel Festival della Canzone Italiana numero 69 ha stupito prima di tutti il ragazzo milanese, di madre sarda e padre egiziano, che da anni sta provando la scalata al successo (nel 2012 era a X-Factor, per dire, nell’edizione che fu vinta da Chiara Galiazzo) e che in questo Sanremo con Soldi aveva portato un brano sì al passo con i tempi di Spotify-Deezer e con i mitici ‘giovani’, ma debole anche per i canoni trap, al di là del fatto che Mahmood (di nome Alessandro) abbia come orizzonte non la trap ma un pop alla Mengoni. Veniamo subito al punto: Mahmood è stato fatto vincere dalla giuria dei giornalisti, che pesa per il 30% sul voto totale, e da quella cosiddetta d’onore, che pesa per il 20, mentre il televoto popolare conta per il 50. I giornalisti che seguono Sanremo bene o male si sa come la pensano (se Cristicchi avesse letto l’elenco telefonico si sarebbero comunque entusiasmati), ma la giuria d’onore? Presieduta da Mauro Pagani, PFM e tanto altro, era composta da Elena Sofia Ricci, Ferzan Ozpetek, Camila Raznovich, Serena Dandini, Joe Bastianich, Claudia Pandolfi e Beppe Severgnini. Tutta gente, a parte Pagani, che di musica ne sa come noi o il fruttivendolo sotto casa. 

In questo quadro il ragionamento dei giornalisti e dei giurati d’onore è stato di questo tipo: “Quale voto sarebbe più educativo nei confronti di quei caproni degli italiani e di Salvini?”. Evidentemente quello pro Mahmood, che peraltro l’Egitto lo ha visto solo in cartolina e che con l’immigrazione illegale c’entra meno di zero. Risultati del televoto popolare: Ultimo con ‘I tuoi particolari’, primo con il 46,5%, i ragazzi de Il Volo secondi con il 39,4% e Mahmood terzo con il 14,1. Risultato finale, dopo l’intervento di giornalisti e del gruppo Severgnini: Mahmood 38,9%, Ultimo 35,6, Il Volo 25,5. Insomma, un voto pro Mahmood ma soprattutto un voto contro una presunta plebe e i suoi gusti, come logica non dissimile da quello che nel 2000 portò al successo l’orrenda marcetta degli Avion Travel.

Detto che i gusti sono gusti (a noi sono piaciute moltissimo Paola Turci e anche Arisa, nonostante le condizioni in cui si è presentata sul palco), da sottolineare anche gli ululati del pubblico dell’Ariston per l’esclusione della Berté dal podio (quarta), la scarsa considerazione popolare per la intensissima Argentovivo di Daniele Silvestri (trascinata al sesto posto da giornalisti e vip) e la incredibile sottovalutazione di Achille Lauro, insieme alla Berté il personaggio più rock, come atteggiamento, in un festival  che ha presentato comunque tante buone canzoni in mezzo a una conduzione mediocre, per colpa soprattutto di testi che non avrebbero fatto sorridere nemmeno nell’Italia degli anni Cinquanta. Quindi con Mahmood hanno vinto le élite? No, ma si sono ancora una volta coperte di ridicolo. Senza nemmeno capire la canzone o conoscere per sommi capi la storia di questo ragazzo (il testo è contro il padre scappato e assente). A un certo punto, quando è stata annunciata la Berté soltanto quarta, ci aspettavamo la comparsa di qualche gilet giallo.

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