Reddito di cittadinanza, l’indirizzo del sito e il calcolo del’ISEE

4 Febbraio 2019 di Stefano Olivari

Redditodicittadinanza.gov.it. Questo è l’indirizzo del sito annunciato da Di Maio e messo online oggi, con le spiegazioni per ottenere il reddito di cittadinanza e cioè la misura che è stata alla base del successo elettorale dei Cinque Stelle, soprattutto nel Sud. Più per il messaggio politico che manda che per l’effettiva facilità nell’ottenerlo, anche se i più motivati non si faranno certo scoraggiare da una o più code. Redditodicittadinanza.gov.it (non si può dire che il nome del dominio sia ambiguo) fino al 6 marzo avrà carattere soltanto informativo e solo dopo quella data potrà essere usato per chiedere il reddito di cittadinanza, in alternativa all’uso dell’ufficio postale o di un CAF. Al di là dei discorsi di merito, quali documenti servono per ottenere il reddito di cittadinanza?

I documenti di base che servono sono già noti e meritano un nostro commento di elettori, non prima delle doverose scuse per il titolo (ma il web ha le sue regole, non possiamo arruolarci nei Marines e poi scoprirci pacifisti). Il principale documento da produrre è il cosiddetto modello ISEE, Indicatore Situazione Economica Equivalente, che certifichi la situazione economica del nucleo familiare inferiore a 9.360 euro. Economica, attenzione, non solo reddituale: dell’ISEE fanno parte il reddito, o i redditi del nucleo familiare, più il patrimonio mobiliare e quello immobiliare. Come si calcola l’ISEE? Spariamo subito la formula: (ISR più 20% ISP) diviso VSE. L’ISR (Indicatore Situazione Reddituale) è, detto in maniera grezza, il reddito meno l’eventuale affitto della casa dove si abita. L’ISP(Indicatore Situazione Patrimoniale) è più complicato da calcolare, vista la giungla delle franchigie, ma indica comunque il patrimonio immobiliare (si prendono i valori usati ai fini IMU) e finanziario. IL VSE (Valore Scala di Equivalenza) è invece un parametro relativo ai componenti il nucleo familiare. In altre parole, l’ISEE contiene già elementi di reddito e patrimonio e deve essere inferiore ai 9.360 euro per ottenere il reddito di cittadinanza pieno.

Per avere il reddito di cittadinanza bisognerà dunque certamente allegare alla domanda un modello Isee. Per ottenerlo (al Caf o altrove) bisognerà prima compilare la dichiarazione sostitutiva unica (Dsu) con tutti i dati relativi al reddito, patrimonio mobiliare (conti correnti, titoli di stato, obbligazioni, buoni fruttiferi, azioni o quote in società, partecipazioni in società italiane o estere) e immobiliare. Se non abbiamo capito male, questa è purissima autocertificazione, per quanto soggetta a controlli ‘dopo’. Ma rimanendo nella legalità è comunque molto facile levare soldi allo Stato, soprattutto dove le case costano poco o niente (l’estate scorsa in Calabria siamo stati tentati da un bilocale a 15.000 euro, costa la metà del nostro box). Il proverbiale figlio trentenne convivente con i genitori, che magari lavora in nero, può senza problemi diventare single e andare a vivere nella seconda casa di famiglia. Non dimentichiamo che 780 euro sono soldi veri non soltanto nel Sud ma anche in molte zone del Nord: quanto pensate che guadagni la maggior parte delle commesse dei negozi? La nostra idea è sempre la stessa, simile a quella della fase visionaria dei Cinque Stelle: ha paradossalmente più senso, come proiezione nel futuro, un reddito universale di base distribuito a chiunque rispetto a un sussidio che premierebbe solo i più furbi. Entrambi nel presente insostenibili, ma il primo almeno onesto e con il vantaggio di poter sostituire le pensioni dal punto di vista culturale e contabile (come minimo la pensione di cittadinanza, altra bomba ad effetto ritardato).

Qualche calcolo appena fatto al bar, per un discorso nel 2019 davvero da bar ma che nel 2029 magari lo sarà un po’ meno. Alle ultime Politiche gli aventi diritto al voto erano circa 51 milioni (47 i residenti in Italia). Moltiplicato 9.360 euro all’anno (cioè i famosi 780 al mese) fanno 477,36 miliardi. Cifra astronomica, più o meno il 28% del nostro PIL attuale. Visto che la spesa pensionistica totale è sul 17%, con tendenza all’aumento, il reddito universale non sarebbe poi così fantaecononomia da un punto di vista contabile. Certo noi per primi faremmo tutti fatica ad abituarci all’idea ed i pensionati retributivi scenderebbero magari in piazza per difendere diritti acquisiti (a spese nostre), ma fra una decina d’anni il tema diventerà d’attualità. Anche perché il reddito universale sarebbe contro la logica del divano: chi volesse un minimo migliorare le sue condizioni dovrebbe inventarsi qualcosa, creare, rischiare. Nella peggiore delle ipotesi rimarrebbe un consumatore, cosa comunque positiva.

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