Marella Agnelli e quei film mai girati sull’Avvocato

23 Febbraio 2019 di Stefano Olivari

Marella Agnelli è morta a Torino all’età di quasi 92 anni e in quanto vedova di Gianni Agnelli i ricordi giornalistici (con qualche lodevole eccezione) sono pieni di quella piaggeria nauseabonda che da sempre in Italia circonda la famiglia. Donna di immenso stile, icona della moda, musa di Andy Warhol, amica di Truman Capote, maestra di giardinaggio, eccetera… Piaggeria che oltrepassa il confine del ridicolo quando la si descrive come rivale di Jackie Kennedy in fatto di stile, ma che quando l’Avvocato era vivo poteva almeno in parte essere giustificata da un sentimento popolare. Ammettiamolo perché questo sentimento era diffuso soprattutto presso la piccola borghesia di cui facciamo orgogliosamente parte, un sentimento di ammirazione per un uomo che rapportato all’Italia era qualcosa di simile ad un monarca e la cui psicologia non è mai stata bene analizzata (fra i pochi che ci hanno provato Eugenio Scalfari, con il suo bel romanzo ‘La ruga sulla fronte’) nemmeno quando ne sarebbero potuti venire fuori racconti positivi, tipo quando decise di non imboscarsi e da militare finì sul fronte russo.

Ma non è questa piaggeria che che in passato ci ha colpito, né le tante disgrazie della famiglia su cui è giusto non infierire (però, senza fare esempi umili, pensate a quanta letteratura avrebbe generato un suicidio, magari finto, di Pier Silvio Berlusconi), quanto il fatto che gli Agnelli non abbiano in Italia generato film, fiction televisive, canzoni, inchieste giornalistiche approfondite. Pochissimi anche i libri, opportunamente silenziati: ci vengono in mente i due di Gigi Moncalvo: ‘I lupi e gli Agnelli’ e ‘Agnelli segreti’ (quest’ultimo da noi recensito). Fra la poca produzione lettera sul tema Agnelli è doveroso citare il ‘Vestivamo alla marinara’ di Susanna Agnelli, libro del 1975 in cui la sorella di Gianni scrive in pratica la storia della famiglia fino al 1945 e al suo matrimonio con Urbano Rattazzi. Libro di grandissimo successo, nitido il ricordo dei nostri genitori che non riuscivano a trovarlo perché in molte librerie era esaurito, scritto nello stile asciutto di Susanna Agnelli, non esaltante come nella sua rubrica su Oggi (migliore rubrica di lettere mai letta, dopo la lisergica ‘Dear Deidre’ del Sun) ma comunque con un grande passo.

La RAI di fine anni Settanta, forse pensando di fare un favore all’Avvocato, acquistò da Mondadori i diritti del libro con l’obiettivo di farne uno sceneggiato in più puntate, per usare espressioni dei nostri tempi (quando il protagonista non era sempre Beppe Fiorello), con la regia di Mauro Bolognini. Appena appresa la notizia, Gianni Agnelli comprò personalmente i diritti e di quello sceneggiato non venne girata nemmeno una scena… Questo non avrebbe dovuto impedire ai mille registi italiani dei successivi quarant’anni di girare un film sugli Agnelli, non vogliamo dire un film di denuncia incentrato sul gruppo Bilderberg ma un film qualsiasi. Invece questi campioni delle sovvenzioni statali e dei cocktail in terrazza hanno sempre preferito altri temi, evitando di parlare di chi ha davvero comandato in Italia per quasi un secolo. Ci vengono in mente soltanto due documentari: quello di Giovanni Piperno, ‘Il pezzo mancante’, sulla storia tragica di Edoardo Agnelli, e quello prodotto da HBO su Gianni Agnelli visto qualche tempo fa su Sky e che comunque non è italiano. Se c’è stato altro, in Italia e fuori da circuiti clandestini, scusate ma ce lo siamo perso. Magari Marella Agnelli ispirerà chissà quali produzioni, visto che anche nel suo caso il materiale drammaturgico non manca (un marito che la tradiva, un figlio che si è ammazzato, una figlia che le ha fatto causa), ma per il momento il cinema è fermo allo pseudo-Agnelli di spalle che viene stalkerizzato da Tirzan.

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