La scomparsa di Zanetti

20 Febbraio 2019 di Stefano Olivari

Javier Zanetti è entrato nella Hall of Fame del calcio italiano a questo giro, insieme a Totti, Allegri, Antognoni, Matarrese, Rizzoli e Milena Bertolini (noi ci avremmo messo anche Andrea Roncato, già che c’erano), e magari la cerimonia di maggio per questa specie di Manuale Cencelli dei premi (sempre meglio di quelli giornalistici, però) sarà l’occasione per conoscere il suo pensiero circa le ultime vicende di un’Inter di cui, all’ultimo conteggio, risulta ancora essere vicepresidente. Assordante è infatti il suo silenzio sulla vicenda Icardi (mentre scriviamo queste righe dedicate ai lettori interisti, che cerchiamo sempre di far uscire per l’ora di pranzo, l’attaccante è da una mezzora all’Humanitas per la visita fiscale che però non è una visita fiscale ma forse lo è) da parte di un uomo che è stato capitano dell’Inter per 13 stagioni e che nell’immaginario del tifoso sarebbe il punto di riferimento dei tanti argentini transitati a Milano: invece al di là di qualche foto (come a Vienna con Matthäus) e dei doverosi atti di presenza, sulle questioni davvero importanti è stato zitto come quando giocava.

Va poi detto che a prescindere dal passaporto Icardi è uno che si fa i fatti suoi e non si è mai fatto prendere sotto l’ala di Zanetti né di alcun altro, al punto di rifiutare anche i tanti consulenti che gli sono stati consigliati nel mondo prima di Marotta. Senza contare che Zanetti sta come al solito giocando una sua partita, che lo assorbe quasi totalmente: forse scamperà alla riforma-epurazione di Marotta, che dovrebbe riguardare anche figure dirigenziali meno visibili, ma il ridimensionamento è assicurato. La strategia sembra comunque sempre la solita, quella di chi guarda verso il basso, verso il temperino o l’astuccio, quando il professore sta per interrogare. Mentre dicendo o facendo qualcosa di forte magari stavolta avrebbe guadagnato punti, azzardiamo.

Visto che ci piace fare del bar, come collocheremmo Zanetti nella classifica dei capitani interisti che abbiamo visto giocare dal vivo, quindi da Mazzola in poi? Si parla ovviamente di personalità e di carisma nei confronti dei compagni, non di valore tecnico, anche se dare la fascia a un giocatore scarso (o a un portiere, come sostiene anche Zoff) non è di solito una buona idea. Nostra classifica: primo Facchetti (rispettato da chiunque, meno silenzioso e ‘buono’ rispetto a quanto di solito si legge), secondo Bergomi (sfortunato nell’esserlo nel periodo migliore di Milan e Juventus), terzo Icardi (magari quando sarà partito verranno fuori le tante piccole attenzioni che ha riservato anche all’ultima delle riserve), quarto Bini (leader di una squadra di amici, epoca purtroppo irripetibile), quinto Mazzola (campione, ma non amato da tutti i compagni e già troppo dirigente), sesto Ranocchia (perché è durato troppo poco, ma aveva ed ha l’intelligenza necessaria per essere più in alto), settimo Baresi (molto apprezzato, ma diventato capitano quasi fuori tempo massimo), ottavo Ronaldo (carisma immenso, ma isola indipendente), nono Altobelli (non un trascinatore, troppo individualista) e decimo Zanetti. Decimo posto provocatorio, in realtà sotto al primo le differenze sono minime e troppo legate a fattori esterni. Molto sottovalutato come giocatore, Zanetti, ma come capitano oscurato spesso da compagni più carismatici: come puoi essere il capitano di Ronaldo, Ibrahimovic o Cambiasso? L’amico e maestro Budrieri mette Armando Picchi sopra a tutti, ma almeno in questo caso non siamo così vecchi da averlo visto in azione.

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