Ferrari SF90, la genialità di farla arancione

15 Febbraio 2019 di Stefano Olivari

La nuova Ferrari SF90 presentata oggi a Maranello è ingiudicabile, ma a reti quasi unificate ci stanno dicendo che è bellissima ed entusiasmante. Un po’ come quando esaltano il Giro d’Italia appena si svela la tappa Bisceglie-Trani e subito uno pseudo Froome dice “Ci voglio essere, lì si respira la leggenda”. Nessuno può ovviamente prevedere se la SF90 a disposizione di Vettel e Leclerc sarà vincente, per il momento si può soltanto dire che magari siamo daltonici ma ci sembra arancione. Sì, arancione. La Ferrari! Ma con un po’ di sforzo qualcuno l’ha definito rosso opaco, rosso tenue, rosso qualcosa.

Questa è quindi la prima Ferrari dell’era Elkann-Binotto, che peggio di Marchionne (pace all’anima sua) e Arrivabene, secondi su due reali partecipanti alla corsa al titolo, comunque non potranno fare. Anche se abbiamo letto di grandi entusiasmi di Verstappen per la Red Bull-Honda e quindi magari nel 2019 vedremo tre squadre. Il 90 sta chiaramente per i 90 anni della scuderia fondata nel 1929 da Enzo Ferrari, mentre gli esperti ci dicono che la nuova Ferrari è basata su quella già buona del 2018 e come impatto visivo anche a noi profani appare simile: da lunedì, dai test di Montmelò, si potrà già quantificare il miglioramento. Ovviamente non vogliamo entrare in discorsi tecnici, che lasciamo all’Uomo Indiscreto collettivo, sempre che fra i suoi mille impegni possa illuminarci su turning vanes, sospensione pull rod, bargeboard e Power Unit.

Ci hanno incuriosito di più le parole di John Elkann, succeduto al defunto Marchionne come presidente, che ha affermato che la Ferrari rappresenta il meglio dell’Italia e che unisce il paese. Vera la seconda cosa, lo diciamo da tifosi di Hamilton e da osservatori di bambini completamente impazziti per la Ferrari, molto più che ai nostri tempi quando si guardava più al pilota. Fondata la prima: la Ferrari è uno dei marchi più conosciuti del mondo e secondo tante classifiche addirittura il primo. Ovviamente come valore economico stimato nemmeno può prendere la targa alle varie Amazon ed Apple, come è intuibile, e nel campionato italiano arriva quarta dietro ad ENI (posizione numero 144 nel pianeta), TIM (178) e Gucci (181), al 257esimo posto. Quarto posto che diventa un terzo pensando che Gucci è di proprietà francese (gruppo Kering, quindi Pinault)  e che nella stessa TIM sono gli stranieri ad essere decisivi (azionista di maggioranza relativa è Vivendi, Francia, ma il pallino è ora in mano al fondo Elliott). Senza dimenticare che la stessa Ferrari, emblema dell’italianità, ha sede in Olanda per quella che alcuni giornalisti fra una tartina e un cappellino omaggio definiscono ‘ottimizzazione fiscale’. E quindi? Dove vogliamo andare a parare? Da nessuna parte, magari la Ferrari arancione è un segno di progresso e noi semplicemente non lo comprendiamo.

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