Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, i rimborsi per gli ignoranti

9 Febbraio 2019 di Indiscreto

Di Maio e Salvini hanno annunciato a Vicenza l’imminente risarcimento a favore dei soci e degli obbligazionisti della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, in maniera diretta, a spese chiaramente dello Stato. Di sicuro la cosa fa meno notizia delle polemiche sulle Ong o sulla Tav, ma si tratta senza ombra di di dubbio di uno dei provvedimenti più populisti di questo governo, in ottica europea forse anche illegale. Un governo che in pratica considera gli italiani bambini ignoranti, con gli italiani che sono ben contenti di essere considerati tali se questo è il prezzo per riportare a casa quasi tutti i soldi investiti incautamente in azioni e obbligazioni di quella tal banca. Lanciando un messaggio pericolosissimo, oltre che illegale: se i vostri investimenti in capitale di rischio (come le azioni) o in obbligazioni, subordinate e non, con un emittente privato (e quindi di per sé esposto al rischio di fallire, che del resto riguarda anche gli stati), vanno male allora potete frignare e pretendere di essere rimborsati dallo Stato. E se gli investimenti andassero semplicemente male, mettiamo un meno 20%, senza che ci siano fallimenti o truffe, potremmo comunque chiedere il rimborso? Per analogia sì, a meno che lo Stato preferisca l’investitore che si fa truffare, quello che non ha l’umiltà di comprare titoli di Stato o quote di un fondo di investimento (con rischi anche loro, ma almeno ripartiti), a quello leggermente più accorto. Investitore, è bene sottolineare, non ‘risparmiatore’ come si dice quasi per evocare la mitica figura della vecchina truffata.

Ecco, se l’Unione Europea esistesse ancora dovrebbe bloccare quello che a tutti gli effetti è un aiuto di Stato non ai singoli cittadini, ma alle aziende. Con questo precedente qualsiasi banca potrà comportarsi alla cazzo di cane e i suoi azionisti (oltre ai funzionari disonesti, quelli che fanno gli amici) nemmeno si preoccuperanno di essere accoltellati dal cliente truffato, avendo questo cliente la possibilità di riportare a casa quasi tutto ciò che è stato investito. Nello specifico: fino al 95% di quanto investito in obbligazioni, anche subordinate, e il 30% di quanto investito in azioni in base al prezzo di acquisto, con un tetto massimo di 100.000 euro. Discorso che vale in prospettiva anche per le varie Marche ed Etruria, con quel miliardo e mezzo già stanziato. Insomma, tanto parlare di Bail-in e poi alla prima occasione deve pagare chi non c’entra niente. Se il signor Tizio detentore di obbligazioni convertibili di Veneto Banca o la signora Caia azionista di Etruria ci avessero guadagnato, non è che avrebbero condiviso gli utili con la collettività. Insomma, questa operazione governativa-elettoralistica non c’entra nulla con la tutela del risparmio in senso stretto, che già è garantita dal fondo interbancario di garanzia. Sono soltanto soldi pubblici distribuiti alla cazzo a gente truffata e ricattata, nella migliore delle ipotesi (ma allora si dovrebbe rivalere sugli amministratori disonesti o sui nuovi proprietari della banca), avida e ignorante nella peggiore. Questo non toglie che la Banca d’Italia e l’annesso carrozzone a suo tempo (adesso le principali funzioni di controllo sono della BCE) abbiano dormito, meritandosi pienamente il ridimensionamento in atto.

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