Reddito di cittadinanza per piccoli evasori

10 Gennaio 2019 di Indiscreto

Non c’è bisogno di essere antipatizzanti dei Cinquestelle per intuire che gran parte del reddito di cittadinanza andrà a persone che lavorano in nero e continueranno a farlo, alla faccia della fatturazione elettronica (che ha aspetti positivi, ma può essere una vera istigazione al nero) e degli italiani che le tasse le pagano al di là dei controlli. La solita Cgia di Mestre ha calcolato che 2 milioni dei potenziali 4,9 percettori (1,7 il numero di nuclei familiari) di questi 780 euro al mese lavorano sfuggendo a ogni statistica. Nella nostra modestia pensiamo in ogni caso che i numeri del lavoro nero in Italia siano discutibili, essendo per definizione tutto sommerso: la stessa ISTAT dà dimensioni quantitative al fenomeno incrociando regione per regione vari parametri (anche consumi) e indicando per l’Italia nel suo complesso 3,3 milioni di lavoratori in nero. Sono stime, nessuno sa davvero quanti siano. Speriamo di meno. Non stiamo parlando del proverbiale idraulico che ha dimenticato a casa il blocchetto delle fatture (già parlare di blocchetto delle fatture suona nel 2019 vecchio), perché l’attività di ogni imprenditore o professionista non sommerso deve rispettare (se il suo commercialista non è un cretino) requisiti minimi di credibilità, ma di chi per il Fisco nella sostanza non esiste o svolge soltanto qualche lavoro occasionale.

In aggregato, senza valutare il numero dei nuclei familiari, la regione in cui il sommerso ha la maggiore incidenza è la Calabria con il 9,4% sul PIL mentre quella più onesta è il Veneto con il 3,8%. In generale, contro i luoghi comuni, nel Sud si evade molto più che nel Nord e l’osservazione sul campo di chiunque conosca entrambi i mondi può rafforzare il concetto. Personalmente consideriamo l’elusione e l’esterovestizione, la grande azienda che fa tanta bella pubblicità e che ha sede in Lussemburgo, molto peggio dell’evasione, ma rimaniamo sulle persone (cioè i percettori del reddito di cittadinanza). Lo stanziamento 2019 per il reddito pentastellato è di 6,1 miliardi, che diviso per 1,7 milioni di famiglie rientranti nei paletti fa 3.588 euro per i 9 mesi del 2019, visto che tutto in teoria dovrebbe partire ad aprile in tempo per le elezioni europee (“Froci con il culo degli altri”, cit.). Però 3.588 diviso 9 fa circa 398 euro al mese, quindi già la famiglia bisognosa (almeno ufficialmente) prenderebbe la metà dei 780 promessi, figurarsi i singoli individui che la compongono.

Qual è il trucco? Non c’è. 780 euro sono un importo massimo, non una cifra fissa erogata a chi è al di sotto di una certa soglia. Insomma, si tratta di una integrazione, né più né meno di quanto già avveniva con il reddito di inclusione (REI), che aveva come limite massimo 534 euro a nucleo familiare. Per il REI la soglia ISEE era (è, visto che esiste ancora) di 6.000 euro, includendo fra i beneficiari anche i proprietari della casa in cui abitano, e le persone con un patrimonio mobiliare (titoli o liquidità pure) fino a 10.000 euro. Per il reddito di cittadinanza il limite ISEE, cioè l’insieme della situazione reddituale e patrimoniale della famiglia, è invece di 9.360 euro annui, mentre il nuovo scenario è più penalizzante per chi ha una casa di proprietà perché in questo caso non verrebbero erogati più di 500 euro al mese.

Limitazioni e sottocasi dei due redditi sono pubblicati un po’ dappertutto, inutile copiarli, noi volevamo soltanto sottolineare che nessuna famiglia in Italia può davvero vivere in via continuativa con meno di 780 euro al mese: al massimo lo può fare un singolo individuo, se non ha affitti da pagare e convive con qualcuno che sistemi gli altri conti. In altre parole, la platea reale del reddito di cittadinanza è molto più bassa di quell’1,7 milioni di famiglie. Ma non tutto sarebbe da buttare, se il reddito di cittadinanza sostituisse quel ‘lavoro di cittadinanza’, nel settore pubblico, che sulle casse statali incide molto di più e in maniera non reversibile. La paura, per non dire la certezza, è che le due cose possano convivere. Detto questo, la differenza con il REI è sì quantitativa (nella media l’importo erogato è maggiore con la nuova norma) ma risiede secondo noi soprattutto nella diversa enfasi elettoralistica, perché in entrambi i casi i piccoli evasori si affiancano alle persone onestamente bisognose. Gli spin doctor di Di Maio sono quindi stati più bravi di quelli di Renzi, onore al merito.

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