L’ipocrisia del gioco d’azzardo senza pubblicità

28 Dicembre 2018 di Indiscreto

Non lo vogliamo, ma ne abbiamo bisogno. Questa frase potrebbe forse essere quella che meglio descrive l’atteggiamento del governo italiano verso il gioco d’azzardo legale, sia nelle forme tradizionali sia online. Dall’inizio dell’estate ad oggi abbiamo assistito ad un susseguirsi di dichiarazioni che sottolineavano la pericolosità del gioco con denaro e l’importanza di contrastare il gioco patologico, salvo poi dare seguito a queste dichiarazioni con interventi legislativi che hanno fatto inarcare il sopracciglio a molti. Se il gioco patologico è infatti l’emergenza sociale più importante del momento in Italia (Davvero?), perché il governo non ha deciso semplicemente di vietare il gioco d’azzardo in toto? Qualcuno potrebbe rispondere che questo avrebbe consegnato l’intero settore all’illegalità, ma siamo sicuri che questo rischio sia stato scongiurato?

L’esecutivo ha scelto, invece, di vietare tutte le forme di pubblicità al gioco legale (scommesse sportive e sponsorizzazioni incluse), ad esclusione però delle lotterie nazionali. Il gioco, quindi, può continuare ad esistere, quello che non è possibile è promuoverlo. Agli esperti del settore è bastato riflettere un momento per giungere ad affermare che questo divieto potrebbe, non solo non essere efficace nella lotta contro le ludopatie, ma anche rivelarsi un gran regalo alla criminalità organizzata che ha trovato, nelle bische clandestine e nei siti di scommessa non autorizzati, uno nuovo settore d’affari sui cui allungare le mani. Se infatti non sarà più possibile promuovere i casinò autorizzati, come quelli che si trovano su www.nuovicasino.it, come si potrà indirizzare i potenziali giocatori verso gli operatori in possesso di regolare licenza piuttosto che verso quelli illegali? Come informarli delle differenze e dei rischi che il gioco non legale comporta?

C’è poi lo sport. Il decreto dignità include, come dicevamo sopra, anche il divieto di spot e di sponsorizzazioni sportive, due pilastri su cui si reggono i bilanci di tantissimi club italiani anche di primaria importanza. Il divieto entrerà in vigore il prossimo 1° gennaio e qualsiasi tentativo di far approvare una proroga al mese di luglio 2019 è finora fallito. Quando quindi i campionati italiani ed internazionali riprenderanno dopo le festività, saremo in grado di vedere come tale divieto verrà applicato e sarà fatto rispettare. Se pensiamo che circa il 45% dei club della Premier League ha come sponsor una società di betting, e che spesso quello stesso operatore è presente anche nel mercato italiano, è davvero difficile immaginare come possa essere impedito al pubblico nostrano di vedere sul proprio schermo televisivo, i tabelloni pubblicitari posti a bordo campo da tale sponsor.

Le contraddizioni continuano nella manovra di bilancio in discussione in questi giorni in Parlamento. Dopo la bocciatura dell’Europa, l’esecutivo è a caccia di fondi e a che settore si rivolge? Al gioco d’azzardo! Viene innalzato il Preu (traduzione: Prelievo Erariale Unico) sugli apparecchi slot, che sono al centro di una e propria caccia alle streghe (come se chi gioca alle slot togliesse tempo alle sue attività di ricerca scientifica o di volontariato) e, per controbilanciare questo incremento che incide sui profitti degli operatori si è deciso un abbassamento del payout degli apparecchi, cioè della probabilità di vincita. In altre parole, a pagare questa ondata moralizzatrice-moraleggiante sarà il solito consumatore. Riassumendo: con divieti di pubblicità, distanziometri e limitazione degli orari di funzionamento governo centrale e amministrazioni locali stanno facendo di tutto per ridurre l’offerta di apparecchi slot sul territorio, poiché queste macchine vengono viste come le responsabili numero uno della dipendenza da gioco, ma al contempo si aumenta la pressione fiscale sugli stessi e si danneggiano i giocatori riducendo le possibilità di vincere. Con un paradosso, di cui altre volte abbiamo parlato: si mettono in fuga i giocatori per così dire consapevoli, si spennano quelli compulsivi (cioè i veri malati).

Non va meglio ai casinò online per i quali, a decorrere dal 1° gennaio prossimo, l’imposta unica passa dal 20% al 25%. Nel 2019, con l’entrata nel mercato di circa 35 nuovi casinò e l’aumento della tassazione, il governo è ragionevolmente certo di raccogliere i fondi che nel bilancio mancano all’appello. Queste previsioni potrebbero essere corrette se non fosse che gli operatori attuali e quelli in procinto di lanciare i loro servizi, non avranno la possibilità di farsi pubblicità. Come fare quindi a raggiungere certe percentuali di crescita e di profitti?

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