Il tiro da tre per il pubblico medio

21 Dicembre 2018 di Stefano Olivari

Il record NBA di canestri da tre punti, stabilito l’altro ieri dagli Houston Rockets contro gli Wizards e senza nemmeno Harden a mangiare palloni (delle 26 triple realizzate sono state sue soltanto 6), ha portato molti amanti della pallacanestro a chiedersi che cosa sia diventato questo gioco. Anche se in realtà le deriva per così dire offensivistica della lega è iniziata quasi 15 anni, da quando nella sostanza si è impedito ai difensori di sfiorare il corpo (non solo il braccio di tiro) del tiratore: portate i Golden State Warriors a giocare con gli arbitraggi degli anni Novanta e riparliamone. Che si debba in qualche modo intervenire sulle regole non ce l’ha fatto però venire in mente il dantonismo deteriore dei Rockets, fra l’altro quest’anno molto più in basso del previsto, ma il Baskonia-Barcellona di Eurolega che abbiamo seguito ieri sera.

Due squadre oltretutto non estremiste del tiro da tre, che fra l’altro giocano con ali forti come da manuale (noi siamo grandi fan di Shengelia) e difendono di solito anche decentemente. Però a 2’11” dalla fine del primo quarto abbiamo visto una cosa che ci ha colpito, al punto da non crederci e rimandare indietro le immagini per fotografarle. In transizione Marcelinho senza bisogno delle solite invenzioni ha trovato liberissimo Voigtmann a mezzo metro, forse meno, dal canestro, con i difensori catalani (si fa per dire) a guardare. Il 2 e 14 tedesco ha ricevuto con buona coordinazione ed è andato per un appoggio comodissimo, prima di cambiare idea e scaricare nell’angolo a Hilliard, il cui tiro da tre non è poi entrato. Il punto non è che non sia entrato, ma che questa scelta sia stata effettuata non a discapito di un tiro da due qualsiasi ma di un canestro da due sicurissimo. Poi, ripetiamo, Perasovic (il Baskonia è quarto in Eurolega nei tiri da tre tentati, ma lui è tornato da solo un mese) e Pesic non sono certo fra gli estremisti e mai rinuncerebbero ai lunghi veri e al loro coinvolgimento nel gioco. Anche per questo l’episodio ci ha colpito.

Il ragionamento matematico è semplice: segnare con il 33,3% da tre è come segnare con il 50% da due. Ma i vantaggi reali vanno ben oltre e non c’è bisogno di statistiche da nerd per intuirli: gioco più perimetrale significa anche meno palle perse e meno probabilità di commettere infrazioni, senza contare il diverso tipo di rimbalzi che nasce dai tiri da tre, più facilmente catturabili da giocatori della squadra di attacco e ancora di più se sono dinamici. La pallacanestro delle guardie, in altre parole, e degli swingman, con un penetra e scarica ossessivo che la fa assomigliare alla pallamano (e non è un complimento). La maggior parte delle squadre gioca in questo modo, l’Olimpia di Pianigiani in testa. In Europa il concetto è infatti addirittura estremizzato, vista la maggiore protezione dell’area (non ci sono i tre secondi difensivi) e l’arco del tiro da tre collocato a 6,75 metri dal ferro invece dei 7,24 NBA, distanza che negli angoli ovviamente diminuisce. E quindi? Non bisogna confondere i gusti dell’appassionato, stanco di questa deriva in direzione del tiro a segno, e nemmeno quelli degli allenatori (Popovich in testa), con quelli del pubblico medio: quello che paga salatissimi biglietti nelle arene NBA e che l’Eurolega sta cercando di conquistare, in qualche caso riuscendoci. A questo tipo di pubblico di bocca buona, non troppo competente ma che genera i grandi numeri, il tiro da tre piace. Così si ritorna alla domanda che ormai riguarda tutto e tutti: popolo o élite? Anche se nello specifico non sappiamo se l’élite sia quella che capisce la materia o quella che tira fuori i soldi.

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