Duecentocinquanta scalini da fare

10 Dicembre 2018 di Oscar Eleni

Oscar Eleni alla ricerca di Dario D’Ambrosi e del suo magnifico teatro patologico studiato e allestito in antichi manicomi, con attori presi proprio dentro la camicia di forza che viene strappata dall’arte della recitazione. La nudità del dicembre antico, come diceva il Bardo, parlando della sua lontananza da Giulietta, ci spinge verso teatri della vita che dovremmo frequentare di più per capire i testimoni invisibili che piagnucolano al posto dei nuovi messia. Siamo in piena diaspora sportiva e questo paese di obesità ideologiche scopre che adesso abbiamo persino la squadra italiana campione del mondo nel bowling. Li capiamo bene, questi nostri dilettanti arrivati improvvisamente alla ribalta battendo addirittura gli americani. Ne condividiamo la felicità ricordando la nostra, certo non paragonabile alla loro, perché un giorno, tornando da una partita di calcio mondiale a Valladolid, anno benedetto 1982, Bearzot e i suoi figli, invasione di campo dello sceicco, insieme a Beppe Viola battemmo alla petanque due francesoni simpatici, inviati della France Presse. A noi sembrava di aver fatto la storia, così come quando Gigi Radice e Trapattoni cantavano O mia bela Madunina arrivando in pullman, con la squadra del Milan, nel borgo appenninico di Zocca, non ancora feudo di Vasco Rossi, ma repubblica libera per sognatori come un padre che aveva voluto costruire fra i castagni il campo di calcio dedicato a Trabattoni, il suo presidente in rossonero.

Divagazioni dopo aver scoperto che non tutti i campioni dello sport smaniano per avere un grande seguito, un grande tatuaggio, una grande macchina. Nel mondo avanzato del grande nuoto italiano il Curierun ci ha fatto conoscere la dorsista Margherita Panziera che, diversamente da allenatori messia super pagati, va in acqua fregandosene delle sue ansie, e nella sua tesi di laurea in economia ha spiegato ai fenomeni del “non adesso, perché su ogni opera volteggiano pipistrelli malefici”, i vantaggi che portano le Olimpiadi ben riuscite alle città che le organizzano. Potevano chiedere a lei quelli che hanno sbattuto certe porte in faccia a certa gente.

Così come la tormentata squadra di basket delle Aquile di Trento, ultima di serie A1 a pochi mesi da una finale scudetto, potrebbe cercare informazioni nella nobile pallavolo sublimata dall’arte del trentino Giannelli, o, magari, cercare conforto da Nadia Battocletti, trentina della Val di Non che ci mette un ora in autobus per fare i 15 chilometri che la separano dalla scuola e per questo deve alzarsi sempre prima delle sei, la mezzofondista figlia dell’ex azzurro Giuliano, ora suo allenatore, che ci ha ridato un titolo giovanile europeo nel cross country correndo sul fango olandese di Tilburg dove la seniores azzurra maschile dei Crippa e di Meucci ha vinto il bronzo nel giorno dei soliti Ingebrigtsen. La Trento di Buscaglia tradita dal gruppo Italia (ma va?) avrebbe bisogno di correttivi nella rotta, ma vedrete che alla fine se la prenderanno tutti con l’allenatore che è la cosa più facile, vi direbbero a Bologna, adesso che hanno scoperto, oltre alle debolezze di Pippo Inzaghi, che il povero Pino Sacripanti fa una gran fatica a mettere insieme i narcisi del gruppo con quelli che sanno bene cosa vale la Vu Nera allestita per la mezza classifica, ingannata dal buon inizio e da un’esperienza europea che la impegnerà a chiedere anche l’organizzazione delle eventuali finali se il gruppo narcisi penserà a difendere un po’ meglio. Cosa che non riescono proprio a fare in quel di Houston per le notti tragiche del nostro caro Michelino D’Antoni che sembra pagare il titolo di allenatore dell’anno, come gli era già successo a Phoenix, con questi Razzi che non si accendono.

Arsenio e le sue delusioni, niente in confronto ai tormenti di Lacrima Pianigiani che ha scoperto un po’ tardi, come tutta la brigata al seguito, che l’eurolega è durissima e il campionato, facilissimo, è soltanto una rottura perché aspetti febbraio per rirenderti una Coppa Italia lasciata l’anno scorso nelle lenzuola di Gerasimenko, e la primavera estate per dare una “lezione” a quei poveracci che smaniano fuori dalla Bastiglia di Armani. Certo che è dura la vita per stare fra le società più ricche dell’Eurosistema. Stupirsi, chiedere sempre l’aiutino sembra davvero esagerato, ma fino a quando ci sono spalle su cui piangere perché non farlo? Sport nazionale dove non saremo mai sorpresi come gli americani del bowling. Ci sono fin troppi giocatori tesserati in questa setta del lamento, i lagnosi presi così bene in giro da Fruttero e Lucentini, gente a cui nessuno dice mai la verità anche se sul campo vedi quasi tutto. Certo devi stare dalla parte giusta, magari non da quella di allenatore della Nazionale perché adesso viene fuori che la nostra Fremebonda rende poco perché si allena pochissimo e i ragazzi d’oro, quelli che ci tengono, fanno lavoro straordinario a parte. Spifferi azzurri che esalterebbero Alberto Dandolo il terrore delle celebrità, maestro del gossip, che scopre tante cose sulla vita degli altri e ammette una verità evidente: “I personaggi mi cercano per rivelarmi indiscrezioni che nuocciono ai loro antagonisti”.

Cercando di capire se al teatro patologico potrebbero ingaggiare quei tipi da balaustra, spesso ignudi, che girano le spalle al campo tutta la partita per dirigere cori senza tempo, chiedendo scusa a Zap per aver confuso Il Foglio con l’Avvenire, consigliando a spie, spioni, vanitosi, allenatori in erba, di leggersi almeno tre volte la magnifica intervista di Veltroni ad Ancelotti con quella chiusura sull’ironia del barone Liedholm che dovrebbe diventare un film, infilandoci l’episodio dell’Altafini nudo che voleva spaventarlo saltando fuori all’improvviso e si sentì rispondere dal vecchio hockeista “Questo no tuo armadietto”. Ora delle pagelle di una settimana con teneri ricordi e bellissime esperienze per i fortunati, noi sempre zoppicanti e assenti ingiustificati, ma eruditi dalle badanti e dal Tosi della Gazzetta, che erano al palazzo Giureconsulti per il festival del cinema sportivo che Ascani, presidente della federazione mondiale, organizza a Milano, non distante dal Duomo.

10 Ai 300 che si sono ritrovati nella sala Zampese della Cassa Rurale di Cantù per ricordare Bob Lienhard. Un rito per non dimenticare un grande, per cercare una via d’uscita dall’acciaieria russa. Ci vorrebbe la gentilezza di Angela Fossati, moglie di Bob, la fede di Marina Borghi, presidentessa del volontariato, la passione di Alessandro de Mori per il museo del basket mandato avanti con Papetti e Bianchi, per trovare una strada che risvegli il basket nella sua culla.

9 Al film “250 scalini” premiato al festival del cinema sportivo per come ci ha raccontato la grande storia del basket dei plavi, quella salita al monte Igman dei fenomeni che stupirono il mondo e anche gli americani vincendo il campionato a Bormio 1987. Un viaggio per 250 stepenika dove sono passati tutti prima di toccare il cielo. Dove dovrebbero andare in tanti dei nostri presunti fenomeni, dei ragazzi d’oro matto e dei loro allenatori sapientoni.

8 Ad Artiglio CAJA che non ha bisogno di spiegare al colto e all’inclita cosa vuol dire porsi brerianamente davanti alla realtà: se tu Varese del consorzio tieni a 61 punti la Reyer dei belloni e riccastri, se la batti nella sua tana dove il pubblico ospite è schiacciato dall’inciviltà, allora lo scudetto ideale è già tuo.

7 A Gregor FUCKA che alla faccia degli invidiosi, di chi non ha memoria e riconoscenza, si è vinto con la nazionalina degli under 16 un torneo in Spagna battendo i padroni di casa nella finale. Un piccolo passo, un segnale. Vedrete che ci troveranno dei difetti, in lui e in chi lo ha proposto.

6 A Vincenzo ESPOSITO perché eravamo davvero preoccupati, pur credendo nel suo modo di fare l’allenatore. Certo Sassari impegnata su due fronti, in tanti viaggi, non ha vita facile, ma quello che ha fatto a Bologna dice che non sarà cliente facile per nessuno quando l’acqua non sarà mossa come nei mesi freddi. Domenica contro Milano misurerà la sua grande illusione ora che non è più prigioniero della delusione,

5 A DIANA e BRESCIA se dovessero farsi prendere dal panico adesso che le cose vanno davvero tutte storte e persino la FIBA trova carente il palazzo rimesso a nuovo. Serve lavoro, silenzio, molta calma

4 Al doge VITUCCI per lo scivolone di Brindisi, anche se questo sembra sminuire l’impresa di Reggio Emilia, di Cagnardi, di Aguilar e del Mussini che sembra aver ritrovato quello che aveva lasciato nei sogni americani.

3 A DE RAFFAELE se non metterà legati ai remi tutti i fioi che gli girano intorno e che si specchiano in lagune inquinate dalla vanità. Capita una giornata storta, ma per chi ha visto la REYER tante volte non è proprio una sorpresa questa corsa nelle calli perdendo le braghe.

2 Alla VIRTUS che sposa malauguratamente il destino del Bologna calcio. Sarebbe un crimine rovinare tutto il lavoro fatto, in una società che comunica benissimo, dove la competenza è garantita, soltanto perché nessuno prende per il bavero i giocatori sbagliati, mentre nessuno ne cerca di adatti per stare davvero fra le prime quattro e non le prime otto.

1 A Romeo SACCHETTI se non riuscirà a far tacere chi vede tutto così facile contro l’Ungheria, se non sarà capace di spiegare ai convocati di Azzurra Fremebonda per la finestra del 22 febbraio che al mondiale in Cina ci andranno quelli che in un anno hanno dimostrato di avere davvero fatto progressi, senza aspettarsi privilegi perché hanno contribuito all’eventuale qualificazione.

0 Al GERASIMENKO che sembra sparito di nuovo dopo averci illuso di essere pronto a lasciare Cantù per zero euro. C’è movimento nel Cantuki, c’è ancora antica passione, ci sono sempre i guardiani di porta della vecchia fede da Marzorati a Recalcati e, soprattutto, Roberto Allievi, ma la cosa più importante è quella di liberarsi dalla morsa di chi ha stravolto tutto e non ha dato niente in una contea dove il basket era religione e coscienza. LEGA e FIP, è ora di battere un colpo.

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