Bohemian Rhapsody, i Queen e i gatti di Freddie Mercury

4 Dicembre 2018 di Stefano Olivari

Difficile trovare nella storia della musica una canzone più bella di Bohemian Rhapsody, commovente sintesi di genialità, generi, cultura e istinto pop. Difficile trovare nella storia della musica una band che dal vivo abbia dato qualcosa più dei Queen. Impossibile nella storia della musica trovare un film biografico che non metta in discussione gli idoli: nemmeno l’opera di Bryan Singer, il regista degli X-Men, è riuscita a dare profondità ad una storia che nella realtà è stata piena di tensioni, drammi ed esplosioni di creatività. Quella da poco uscita nei cinema italiani è soprattutto la storia di Freddie Mercury, ovviamente, ma nel film May, Deacon e Taylor appaiono meno gregari di quanto lo siano (ingiustamente, perché May e Deacon hanno firmato alcuni dei più grandi successi del gruppo: We will rock you, Who wants to live forever e The show must go on il chitarrista, Another one bites the dust e I want to break free il bassista) nell’immaginario collettivo. Avrà sicuramente influito il fatto che May e Taylor risultino fra i consulenti di Singer, ma certo è che non si sono fatti schiacciare nemmeno dal frontman più carismatico di tutti i tempi anche se le loro carriere dopo la morte di Freddie, avvenuta nel 1991, sono state di fatto soltanto un rivangare il passato. Il più onesto di tutti è stato Deacon, che a metà anni Novanta si è ritirato e che è praticamente irreperibile anche per i suoi vecchi amici: infatti nel tour con Adam Lambert (bravo), che abbiamo molto apprezzato, c’erano soltanto May e Taylor.

Ma venendo al film, l’istruzione per l’uso è sempre la solita: il fan troverà sempre qualcosa che non va, l’ignorante non capisce, il medio appassionato apprezza ma (o perché) non coglie tutto. Bisogna dire che nella maggioranza dei casi sono stati romanzati episodi tutto sommato leggeri, come il modo in cui Mercury conobbe il resto del gruppo. Non è che da perfetto sconosciuto si propose lui agli altri tre, ma era già amico di May e Taylor. E Deacon sarebbe arrivato solo in seguito, quindi in senso cronologico il quarto dei Queen è lui. Nella parte in cui si crea la frattura fra Freddie, lanciato verso la carriera solista, e gli altri, sembra che tutto sia nato dall’ego smisurato di Freddie quando invece la materia del contendere erano le firme sulle canzoni: ognuno aveva le sue, di canzoni, ma quelle di Mercury erano più numerose e solo verso la fine si sarebbe raggiunto (anche contrattualmente) un equilibrio, basti vedere gli autori delle canzoni di Innuendo. Oltretutto anche May e Taylor tentarono una carriera solista nei primi anni Ottanta, con esiti modesti, mentre Deacon (per molti aspetti il più personaggio di tutti) si riposava e Mercury otteneva discreti riscontri con Mr. Bad Guy prima della rappacificazione e del Live Aid. Ed è proprio con la pazzesca e travolgente esibizione di Wembley che si chiude il film, evitando il finale di partita con l’AIDS da gestire. L’unico vero errore di un film molto spettacolare e guardabile senza troppi ragionamenti riguarda proprio l’AIDS: nel film si suggerisce che Mercury abbia contratto il virus nei primi anni Ottanta, nel periodo di distacco dalla band, e che già quello del Live Aid fosse un Freddie malato. Ma l’ultimo compagno, Jim Hutton, sostiene invece che la diagnosi sia del 1987 ed altre fonti riportano date post Live Aid: non è una questione da poco, perché il sottotesto è che la vita privata, fra orgie e tutto il resto, di Freddie, abbia preso una certa via allontanandosi dai suoi veri amici, che poi sarebbero stati gli altri Queen.

Nella ovvia piattezza del biopic, con qualche macchiettismo (soprattutto i manager) di troppo, ci sono piaciute però diverse cose. Intanto che con onestà per interpretare i Queen siano stati scelti non solo degli attori che hanno bene studiato la parte, ma praticamente dei sosia a parte Rami Malek, che comunque è un Freddie molto credibile. Poi la centralità della musica, non abbiamo cronometrato ma una buona metà del film è fatta da canzoni entrate nella testa anche dei più allergici ai Queen. Mano leggera sugli aspetti sessuali di Freddie, dal complicato rapporto con la quasi moglie Mary ai festini anti-solitudine. Infine la vera e propria ossessione di Freddie per i gatti, animali misteriosi come lui che hanno popolato la sua esistenza. Un amore ricambiato, nella maniera in cui queste creature meravigliose possono ricambiare: la scena, ovviamente inventata, dei mici che dal salotto di casa seguono il Live Aid, è eccezionale. Già, il Live Aid. C’è stato un prima e un dopo. E nel punto più alto, l’apogeo di un’era del rock e del mondo, ci sono stati i Queen.

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