Aradori non è un robot

3 Dicembre 2018 di Oscar Eleni

Oscar Eleni, lasciato a piedi dal charter di Azzurra Fremebonda in Pomerania, felice di stare con i pellegrini che hanno marciato da Roma alla Slesia per difendere un Pianeta ormai riarso. Nella camminata che ha toccato anche Venezia, dove abbiamo salutato Boscia Tanjevic che andava a vedersi gli under 18 al Taliercio, l’occasione per fare un referendum: in questa Italietta è giusto passare lo sport al ministero della salute? Accidenti, hanno urlato oltre mille persone, basta che sia anche quello della salute mentale. Eh sì, cara gente. Vanno curati in tanti. I mostri delle scritte di Firenze, quelli che picchiano gli arbitri, i genitori, sempre in zona tosco fiorentina, che urlavano, al ragazzino caduto su un campetto di basket, “Devi morire”, alla feccia che spaccia in curva, ai genitori che portano le borse a figli impegnati a scrivere troiadas variadas sul telefonino. Questi non li salverebbe neppure Basaglia. Uno zoo di vetro dove rinchiudere tutti davanti al ministero della salute, ospiti graditi quelli del Boca e del River, ma poi ci sarebbe la ressa perché allo stesso ministero misterioso vorrebbero uno spazio gli insegnanti presi a sediate o picchiati dai genitori, i controllori dei treni inseguiti nei vagoni, tutta roba nostra o quasi, come le mafie, le cosche, la malavita organizzata da Nord a Sud. Come dice Zibi Boniek, gli idioti ci sono in tutto il mondo, basta scrivere al fenomenale bruto di Crozza che smanetta sul computer tutto il giorno, lui ha un elenco privilegiato di questa tribù che dovrebbe fare come noi lasciati a terra dal charter: chiedere un posto per andare su Marte a scrivere e urlare quello che vogliono.

Meglio lontani dal basket come vorrebbero che si scrivesse oggi: da bugiardi che sanno come mentire. Li capiamo. Sono in crisi nera perché costa tanto l’incenso per elogiare una Nazionale di terza mano che ci farebbe penare anche ai Giochi del Mediterraneo, non ancora qualificata per un Mondiale dove è già approdata l’Angola, una “festa” immobile da cui quei geniacci della FIBA vedranno di recuperare con “carte selvagge” i campioni d’Europa della Slovenia, magari la grande scuola croata, si spera, non la Serbia che però non è messa tanto bene. Fuori o quasi la grande scuola dei plavi. Bella trovata. Per fortuna il succedaneo della nazionale statunitense affidata a Jeff Van Gundy, dopo averle prese dall’Argentina, pure lei in versione riserve con il totem Scola a fare da balia, si è qualificato battendo l’Uruguay e per questo il grande allenatore è stato ringraziato dal santone Popovich che prenderà sulle spalle la vera nazionale USA per il Mondiale e per le Olimpiadi a Tokio.

Non dovrebbe accadere la stessa cosa da noi perché siamo sicuri che Petrucci, anche se tormentato, non toglierà mai la fiducia a Romeo Sacchetti che ha fatto un lavoro difficile per capire, assemblare questi ragazzi spesso enigmatici che dopo un bagno tipo Polonia ci fanno sapere attraverso Aradori di non essere dei robot. Come, scusa. Incredibile. Sembra il nuovo sport nazionale, farsi compatire dopo aver perso con chi ha fatto molto meglio. Normale in qualsiasi sport e non tirate in ballo la Pomerania ghiacciata dove ai polacchi è bastato far rientrare dalla Cina un tipo come Lampe per ribaltare il risultato di Bologna. L’unica vera scusa è che rispetto a Bologna ci mancavano quattro giocatori, oltre ad Aradori che a Danzica non era davvero uguale al “leone” del Pala Dozza, anche se è stato un po’ meglio del fantasmino nella sua Brescia dove la seta dei leccapiedi ha esaltato su tutti i cavi possibili la vittoria storica contro la bestia nera Lituania. Uno squadrone che ha riesumato il vecchio Maciulis e al centro aveva un ragazzino di 21 anni. Via di bava per ricordare che non li battevamo da Atene 2004, apertura dei diari per andare a cercare similitudini. Insomma, come dicono a Milano, scambiare la melma col risotto non dovrebbe avere senso. Ma fa tendenza.

Dicevamo dell’umore nero di basketlandia eccitato dal torneo della prossima generazione, per carità loro la chiamano Next Generation, perché l’italiano non fa più effetto o, magari, non porta affetti ed effetti bancari, dove le grandi favorite del campionati, Milano e Venezia, oltre a Bologna che era solita dominare fra i giovani, sono rimaste fuori dalle finali fiorentine dove invece si è infilata Cantù, una storia meravigliosa alle spalle anche nelle giovanili, una cosa che rende ottimisti anche se la situazione sembra un po’ quella nazionale a Bruxelles.

Perché tanta rabbia nel circolo Petrucci? Be’, a parte gli sciatori che stanno andando bene, anche quelli che sparano, per fortuna a salve e su bersagli di carta, c’è questa pallavolo che fa di tutto per far apparire degli gnomi i gigantini del basket: mentre Fremebonda le prendeva a Danzica, Trento si conquistava la quinta coppa del mondo per club battendo l’altra italiana, la Lube Civitanova, poi messa ai ferri dal suo patron, tanto per non farci dimenticare dove e chi siamo. Capirete che nella notte del sistema, con la RAI che svolazza insieme a Lucchetta e Galli, esaltati come tutti dal Giannelli palleggiatore della grande scuola trentina, quelli del basket hanno dovuto fare conti con Roma-Inter, con tante altre cosette oltre al volley e forse sentono le ossa un po’ rotte, ma non tanto quanto chi ha dovuto sorbirsi la musica dell’inferno di commentatori che erano costretti ad ammettere, che, be’, sì, ma, insomma.

Aspettando febbraio, cercando un campo caldo ora che Livorno ha preferito dare la sua arena ad Emma Marrone, sognando il trionfo sulla “terribile“ Ungheria, nella speranza che siano passati gli incubi della carica perduta contro gli ulani polacchi che saranno anche cavalleria leggera del basket europeo ma a Danzica avevano lancia, spada e pistola, diamoci alla votazione, ma non prima di aver meditato insieme ai pellegrini di Katowice, sull’uscita di scena di Gianni Asti, il nostro caro Lothar, uno che ha fatto la storia del basket piemontese, di quello torinese, uno vero, uno con cui stavi volentieri anche quando pensava di trovarsi davanti al male assoluto. Gli dobbiamo tanto e la Milano della vera età dell’oro conobbe il tormento contro di lui prima di trovare la strada e lo scudetto che mancava da troppo tempo. Ha insegnato, ha guidato belle squadre, magari la Torino di oggi avesse in squadra uno come lui. E adesso pagelle.

10 A BILIGHA e FILLOY gli ultimi a cedere nella casa delle torture di Danzica. Non certo i migliori, figurarsi, con tutti i “bravi” da decantare e far decantare secondo voleri degli agenti che contano e ti fanno contare, ma con lo spirito giusto. Quello che servirà in Cina, perchè al Mondiale con 32 squadre noi ci saremo. O no?

9 Al Brandon DAVIES che a Kaunas ha tormentato l’Armani. Ci ha fatto pensare, questo giocatore che in Lituania prende meno di 500 mila dollari, notizia Uleb certificata in un sistema dove si vive di balle spaziali, nascondendo i compensi per potersi poi lamentare se le prendi da presunti più ricchi, perché due anni fa era a Varese. Un po’ come la storia del James di Omegna tornato qui per milioni dopo essere andato via per spiccioli.

8 A Raffaella MASCIADRI, no nessun ritorno del suo caso con Crespi, per lo stile con cui ha affrontato le domande nella trasmissione di Gramellini su Rai tre. Ci voleva testa, classe, per non passare da Melania la lagna. Una grande ex che sarà una eccellente dirigente.

7 Ad Umberto ZAPELLONI che è tornato a scrivere, e anche bene, dopo essere stato trattato davvero male dalla Gazza, di cui era vice direttore, che si eccita facendo sapere che lo stupendo Carlo Verdone lanciava il giavellotto a 60 metri da ragazzino irritando chi l’atletica pensa di conoscerla. Il suo ritratto di Sacchetti sull’Avvenire è fatto benissimo e nell’amarezza di Danzica a Meo resterà almeno questo.

6 Al Boscia TANJEVIC che ai charter di Azzurra Fremebonda (Paura di volare? Uhm) preferisce i tornei giovanili degli under 18. Ultimo credente, ultimo sulla barricata in difesa anche di chi non ha mai capito che l’unica strada per ridare un volto tecnico sano al nostro basket, sì certo a parte le trasmissioni di Lega, si certo a parte le parabole dei mercanti nel tempio, è quella che ha indicato lui.

5 A Danilo GALLINARI, che impazza con i suoi Clippers, se non riuscirà a convertire allo yoga i compagni di Azzurra Fremebonda che ritroverà, salvo cause di forza maggiore, per andare ai Mondiali in Cina. Lui si rammarica d non aver scoperto prima questo mondo che lo ha rinnovato dentro e fuori, almeno quando è sul campo.

4 A quei dispettosi del VOLLEY che mandano alla finale mondiale di club due squadre nella stessa serata in cui il paese avrebbe dovuto fremere per la nazionale, riscoperta a Brescia contro Lituania tre, nel duro cimento di Danzica. Andato male. Ma la colpa è del freddo.

3 Alla COMMISSIONE NEFANDEZZE se dovesse scoprire che anche nel nostro basket, per lorsignori un altro sport, ci sono società come i ricconi del Paris Saint Germain che pagano i giocatori per andare a salutare i tifosi.

2 A Pietro ARADORI che per giustificare la sconfitta di Danzica ha detto ai taccuini assetati che i giocatori non sono robot. Si attendono spiegazioni. Pensiero criptico da approfondire, ma lui lo farà   certamente con i tantissimi che lo seguono sul suo sito, anche se deve ammettere di non avere lo stesso seguito di Ale Gentile. Fateci sapere, anche se qualcosa già si capisce.

1 Al MERCATO sempre aperto che ci lascia sempre in sospeso, anche se appare chiaro che questi dirigentoni sono convinti che se la fortuna li aiuta e troveranno il Messia potranno portare Milano , magari, alla quarta partita in una finale di play off, la Milano che stranamente cerca sempre una scusa per sconfitte che sono prevedibili in un torneo duro e difficile come l’Eurolega. Chi ha paura di sentirsi trattato male se perde poi, alla fine, perde davvero.

0 A Gianni PETRUCCI, encomiabile per l’ottimismo mostrato anche dopo Danzica, abile pompiere per spegnere i fuochi intorno ad Azzurra, a Sacchetti, a Crespi, ma incomprensibile quando dice che è stanco di sentire gente gufare per il ritiro di Cantù. Magari chi ha sofferto tanto per stare in regola si domanda se ne valeva la pena vista la larghezza di certe maniche, ma è chiaro che tutto il basket, anche quello di Bianchi e delle Lega, tifa per vedere Cantù arrivare alla fine, magari leggera come un’acqua minerale e non più pesante come l’acciaio sequestrato.

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