Ma lei perché non fa trading online?

14 Novembre 2018 di Stefano Olivari

Volete perdere i vostri soldi più velocemente che scommettendo sugli Under del campionato di Singapore? Allora iscrivetevi a una piattaforma di trading online, quando nella vita normale fate il giornalista, il medico o il salumiere, e mettetevi ad operare sui CFD o a shortare sul platino. Come in quasi tutti gli altri ambiti, è questione di competenza e quando i danni possono essere gravi è meglio ammettere di essere incompetenti. Lo abbiamo detto anche poco fa alla simpatica Manuela, la terza persona che oggi ci ha telefonato (da Londra, diceva lei) da un numero di cellulare farlocco, non richiamabile, per proporci l’iscrizione ad una piattaforma di trading online. E ci è andata ancora bene, perché in certi giorni le chiamate sono anche di più. Il problema non sono i tanti ‘No grazie, non mi interessa’, ma il fatto che queste aziende apparentemente, con nomi diversi ma riconducibili a sei o sette gruppi per il tipo di proposte che fanno, abbiano a disposizione il nostro numero di cellulare. Come l’avranno avuto?

Siamo abbonati a varie newsletter di economia, però a nessuna abbiamo lasciato il cellulare pensando proprio a sviluppi del genere. Siamo clienti Vodafone, ma non l’abbiamo autorizzata a fare attività promozionale sul nostro numero. Siamo abbonati online ai tre quotidiani sportivi e lì forse abbiamo lasciato il telefono, ma dubitiamo che il lettore di Tuttosport sia profilato come aspirante trader (gli sarà bastato comprare le azioni della Juventus in collocamento). La falla nel nostro sistema è che a troppi siti accediamo loggandoci tramite Facebook (che ha il nostro cellulare), per non parlare delle mille tessere fedeltà, a partire dal nostro amato Simply: chi ci assicura che nessuna di queste catene o di questi negozietti non ci abbia venduto? Sta di fatto che il nostro numero è bruciato e gli operatori, molto spesso dell’Est Europa, si rifiutano di dirci come hanno avuto i nostri dati. Meno insistenti ultimamente quelli delle criptovalute, fra cui la mitica Cryptobank: ecco, se uno traffica in criptovalute iscrivendosi a un sito registrato in Colombia merita non solo la povertà ma anche di essere tradito dalla moglie (che già probabilmente lo sta facendo).

La vera domanda è però un’altra: c’è davvero in Italia tutta questa gente interessata al trading online? Non stiamo parlando di acquistare un’azione, un’obbligazione, un fondo di investimento, un certificate (ne pensiamo il peggio possibile, ma non è difficile capire di cosa si tratta), ETF, warrant, eccetera: tutte cose che possiamo fare con il normale homebanking di una normalissima banca. Stiamo parlando di operazioni più sofisticate o magari non troppo sofisticate (come quelle sui CFD) ma difficili da seguire, che necessitano di competenza e impegno totali. Non ci sembra che la cultura finanziaria in Italia sia aumentata negli ultimi anni, neppure come moda da orecchianti come era all’inizio degli anni Duemila, quindi il sorgere di tutte queste piattaforme slegate da banche conosciute e con sede molto spesso a Cipro (a volte sprechiamo 5 secondi e chiediamo l’indirizzo del sito) hanno una ragion d’essere molto evidente. E non stiamo parlando necessariamente di truffe, perché di base i nostri soldi se li prendono i trader vincenti mentre le piattaforme vivono di commissioni. La domanda finale di Manuela era però divertente: “Ma lei perché non fa trading online?”.

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